In tempi di Coronavirus anche il mondo dell’informazione deve rispettare i canoni deontologici della continenza delle notizie e non contribuire né a falsi allarmismi, né, tanto meno, a sottovalutazione superficiale della vicenda. Occorre quindi la massima cautela, sia nel fornire notizie, sia nel commentarle.
E lo faremo. Ma appunto perché mossi da queste premesse vien subito da sottoporre a valutazione critica l’operato del sindaco de Magistris, che per la settima volta in questo anno scolastico, ha disposto la chiusura delle scuole. Quella di ieri l’ha motivata con l’allerta meteo, come è anche accaduto per il passato. Poi ha prolungato i termini e ha esteso il provvedimento fino a sabato. Peccato che la notizia dell’ulteriore protrarsi sia pervenuta a scuole già chiuse, perché altrimenti i boati e gli hurrà dei ragazzi si sarebbero sentiti con la stessa intensità con la quale martedì sera alle 21.30 circa tutta Napoli è esplosa al gol di Mertens che metteva temporaneamente sotto scacco i mostri sacri del calcio mondiale.
La motivazione di questa settimana di vacanza, anche se non è esplicitata ufficialmente, è tutta da attribuire alla fobia per il Coronavirus: ne approfittiamo – ha spiegato il sindaco – per sanificare tutti gli istituti scolastici.Su questa decisione una partentesi, breve, va comunque aperta: è proprio di queste ore un durissimo scontro istituzionale che contrappone il governo al presidente della Regione Marche, responsabile di aver chiuso le scuole fino al 2 marzo senza che ce ne fosse bisogno, Ma a questo punto si aprirebbe un discorso molto più vasto e complesso che riguarda l’inquadramento dei poteri dei sindaci nella qualità di commissari del governo, un discorso scivoloso che ci porterebbe inutilmente fuori dal seminato.
Resta quindi la scelta di de Magistris di chiudere tutto fino a sabato. Non possiamo azzardarci in un giudizio sulla decisione, ma il buon senso certamente qualche interrogativo ce lo pone. E vorremo tanto che qualche esperto, un virologo, ad esempio, ci chiarisse quale possa essere l’impatto precauzionale della sanificazione delle scuole, visto che fino ad ora ci hanno spiegato che il maledetto virus si trasmette con la tosse, con gli starnuti o con la saliva, e non si capisce bene, così, a prima vista, quale effettivo contributo possano assicurare alla mancata diffusione del contagio una lustratina ai banchi e un po’ di disinfettante sparso lungo le pareti delle aule.
Chiudere le scuole senza una giustificazione reale (la decisione è stata presa quando ancora non si sapeva del sospetto caso di Battipaglia) e per un periodo così lungo, tra l’altro, può in qualche modo contribuire ad incrementare quella psicosi collettiva che per fortuna a Napoli non è ancora del tutto montata, probabilmente sol perché fino a ieri la città e la regione erano rimaste indenni da casi di contagio. Insomma vogliamo definirla una decisione opinabile o poco ponderata?
Senza considerare poi che la giornata di chiusura di ieri, provocata dalle condizioni meteo, è stata per gli studenti napoletani un autentico regalo, dato che di maltempo non se ne è visto e che anzi la colonnina di mercurio, alle 12 segnava un tiepido 17 gradi, da piena primavera, come dimostrano anche le prime mimose che si intravedono nelle poche zone verdi della città. I ragazzi fanno salti di gioia, molti genitori imprecano perché l’organizzazione familiare non prevedeva un supplemento di vacanze così generoso in pieno febbraio, e la credibilità della nostra istituzione scolastica riceve un altro colpo mortale. Gli studenti del Sud, come è noto, a dispetto dei tanti 100 che conquistano alla fine del ciclo delle superiori, sono i meno preparati d’Italia. I test Invalsi lo attestano senza tema di smentite. Regalare loro tanti giorni in meno di proficue lezioni, per uno spiffero di vento o per “sanificare” inutilmente le aule (alimentando con ciò stesso il livello di allarme), non contribuisce sicuramente ad elevarne la preparazione. Saranno un po’ più contenti per questo insperato dono, che bello sarà smanettare senza impedimenti sullo smartphone, al diavolo i pronomi, la consecutio, l’aoristo, il seno e il coseno. Ma saranno anche un po’ più ciucci.