di Maurizio Zaccone
A Made in Sud lunedì è intervenuto Pino Aprile, scrittore e giornalista. Un paio di minuti per ricordarci quel pezzo di storia dimenticata, quell’invasione mascherata da annessione che è stata l’unità d’Italia. Quel pezzo di storia negata che stufa sempre un po’ ad alcuni, i quali tendono ad etichettare chi la ricorda come un nostalgico fuori dai tempi o come un bugiardo. Quelle verità che non riescono mai a trovare spazio nei libri di storia. Pino Aprile sfrutta i tempi televisivi dei format che glielo concedono per lanciare pillole di verità, per piantare il seme del dubbio in chi non conosce. Lo fa bene, riuscendo a condensare nel poco tempo concesso una serie di punti fermi che dovrebbero essere la base di qualsiasi successivo ragionamento sull’annoso divario Nord-Sud. Consapevoli tutti di quanto sia difficile trovare spazio per questi argomenti nella tv nazionale, va dato merito a chi, nei tempi e nei modi possibili per il contesto di riferimento, da spazio a ospiti come Aprile. Anche se un po’ mi ha lasciato l’amaro in bocca la conclusione all’intervento citato; prima Biagio Izzo dice: “Certo conoscere il passato ci aiuta a conoscere il presente, ma come diceva mia nonna davanti a una bottiglia di pomodoro, il passato è passato”. Supportato poi dai conduttori Stefano De Martino e Fatima Trotta: “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato, siamo italiani, paesà”. Era forse il prezzo da pagare per far passare quei due minuti di storia in prima serata, ma dà fastidio la banalizzazione di un tema tanto attuale. “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”, ecco. Chi ha avuto e chi ha dato? Chi continua ad avere e chi continua a dare? Nella storia risiede la verità e parte delle spiegazioni alle domande di oggi. Certo, siamo tutti italiani, ma “scordarci il passato” aiuta ad un sentimento unitario maggiore? Oggi, ad oltre 150 anni dall’unificazione, si discute di autonomie, di un Nord che pretende il distacco dal Sud. È l’agenda politica attuale, non quella di un tempo. E le ragioni di queste volontà sono tutte nei pregiudizi storici di un Sud lazzarone e palla al piede del Nord. Oggi, non ieri, si è analizzato il risultato elettorale italiano ritenendo che al Sud si fosse votato esclusivamente per il reddito di cittadinanza, a sottolineare la presunta vocazione assistenzialista del meridione. Oggi e non ieri ci hanno raccontato dei Caf presi d’assalto prima di scoprire poi che in Lombardia c’erano gli stessi richiedenti. E se ieri Lombroso teorizzava sul meridionale “delinquente nato” per caratteristiche morfo-genetiche, è oggi che si ospitano in tv pseudo imprenditori che ritengono i napoletani “antropologicamente diversi”. E fra ministri della Repubblica (Bussetti) che invitano gli insegnanti delle scuole a “impegnarsi di più”, sindaci di Pisa (Conti) che si battono per non affiancare il nome dell’Università della loro città a quella partenopea della Federico II con frasi del tipo “i napoletani dimostrino di saper lavorare” ci si rende conto che ora più che mai c’è bisogno di riavvolgere il nastro e riscrivere la storia. Siamo nel paese dove in ogni stadio si sente inneggiare al Vesuvio e ai napoletani colerosi, senza indignazione particolare. Siamo nel paese dove la lega Nord ha raggiunto vette di consensi impensabili. Crescono e prosperano generazioni dal pensiero semplice, indottrinati da tre slogan confortanti i quali gli suggeriscono di essere migliori per cittadinanza, non per merito. Per nascita. E questo è il risultato di anni di malevole narrazione, di cronaca stereotipata e di pregiudizi non confutati. È grazie a questo passato che ci troviamo questo presente. Un presente nel quale ci viene chiesto il conto ogni giorno. E allora facciamolo questo conto, e vediamo davvero chi è “che ha avuto avuto” e chi “ha dato ha dato”. Potrebbe uscirne fuori una storia diversa.