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Napoli, il Covid e l’imminente bomba sociale

Il bilancio per la nostra città, a sei mesi dal lockdown, è tragico. Unica nota positiva dagli studenti che ora preferiscono restare al Sud

A circa sei mesi dall’ufficialità dello stato d’emergenza nazionale e del conseguente lookdown, misura autoritaria e controversa dovuta ad un’interpretazione dei dati, a parere di chi scrive, assolutamente esagerata ed anticostituzionale, possiamo già tracciare un bilancio tragico, nella nostra città, dovuto alle misure e alle prescrizioni stringenti adottate.
Il Sud che ha visto, solo negli ultimi dieci anni, lo scippo costante e perpetuo di fondi ad esso destinati e convogliati al ricco serbatoio del Nord e quantificati in 840 miliardi di euro, si è ritrovato a dover subire forzatamente (per non discriminare il Nord che invece avrebbe dovuto essere isolato, così come si evince dai documenti governativi in parte desecretati), una chiusura da scenario apocalittico le cui conseguenze, temo, si ripercuoteranno negli anni a venire nonostante i proclami di potenza di fuoco di un Governo assente e di una Regione Campania che sostiene aver varato, tra le altre misure, unica in Italia, anche il Piano Socio Economico per le categorie più colpite. Ma forse siamo solo noi quelli che non si sono accorti del “miracolo”economico mentre abbiamo il sentore che il pericolo “bomba sociale” sia imminente (e chi lo sottovaluta avrà sicuramente poca percezione della realtà).


A nulla servirà tenere buone le masse con misure assistenziali che mortificano e ledono la dignità di persone che invece anelano ad un lavoro che non c’è e non ci sarà nel futuro: il reddito di cittadinanza viene percepito in Italia da un impressionante numero di poveri (reali o presunti che siano): 2 milioni e 700 mila persone, il cui 60% vive al Sud e in Sardegna, in Campania sono 700mila e a Napoli 63 mila euro che in autunno, fortunatamente, potrebbero svolgere lavori a tutela del sociale, dell’ambiente, dei beni comuni, grazie ad un accordo col Comune di Napoli, sotto il nome di PUC, progetti di utilità collettiva. Ma è una vittoria di Pirro considerato che le 180mila partite Iva a Napoli stanno andando incontro ad enormi difficoltà e sperare che il genio e l’estro del napoletano possano essere in grado di continuare la sopravvivenza alla quale siamo abituati, mi appare follia considerato che le conseguenze del Covid sono disastrose: un Comune che ha già una situazione debitoria insostenibile di circa 4 miliardi di euro (quintuplicata dall’insediamento della giunta de Magistris da due lustri ad oggi) che accompagnata ad altri dati come, giusto per fare un esempio, questi che seguono, disegnano uno scenario per nulla rassicurante: 15 mila avvocati che hanno chiesto il sussidio (in un Tribunale che vede in sospeso circa 107 mila processi); possibili migliaia di posti che salteranno nel momento in cui il datore di lavoro non potrà più essere obbligato a tenere il dipendente a busta paga; meno cinque milioni di passeggeri in meno per l’aeroporto di Capodichino per il Covid; 130 milioni in meno di entrate per l’Ente Fiera; la Direzione Investigativa Antimafia che registra un’impennata di dati legati all’usura; il controstato (leggi Camorra) che prolifera arruolando piccoli eserciti per incrementare le sue illecite attività investendo con maggiore spregiudicatezza in settori legati al turismo, alla ristorazione, all’edilizia e all’onnipresente comparto dei rifiuti e dei videogiochi e che contribuiscono a tenere florido il giro d’affari che, ricordiamo, stimato per la camorra in 20-30 miliardi di euro all’anno e più che raddoppiato quello della ‘ndrangheta.


Qualche notizia positiva però la registriamo: i giovani preferiscono rimanere a studiare qui grazie anche alla lungimiranza di rettori che aiutano tali scelte ( Federico II in primis), il tutto a danno delle Università del Nord, risentite, che vedono crollare anche l’indotto, tipo il “caro fitto” , un ignobile strumento utilizzato da alcuni “fratelli” del Nord quando nonostante l’imperituro; “non si affitta ai meridionali” , decidevano di farlo chiedendo fitti altissimi per topaie.
Ed è da qui che vogliamo ripartire. Dai cervelli e dalle braccia che devono restare nella nostra amata Terra.

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