Ennesimo attentato alla sopravvivenza del reparto di Terapia del dolore e cure palliative del Cardarelli. A lanciare l’allarme è l’ex primario Vincenzo Montrone, anestesista rianimatore, un pioniere in questo campo della Medicina. “Da quando sono andato in pensione, tre anni fa, c’erano stati altri tentativi di chiudere il reparto. Era già sguarnito di mezzi e personale… “. Stavolta il problema si intreccia con l’emergenza Covid. “Dovendo recuperare posti letto per i contagiati”, dichiara Montrone, “ hanno smantellato il reparto dov’erano gli ultimi ammalati terminali, sistemando i pochi pazienti rimasti in condizioni disumane e senza privacy”. Eppure quello del Cardarelli è stato un centro pilota. “Ma ora rischia di essere cancellato”.
La terapia del dolore è il trattamento di qualsiasi forma di dolore complesso, refrattario, correlato a malattie oncologiche o meno (cioè cura anche i dolori acuti cronici benigni). Le cure palliative sono una filosofia di cura, per i pazienti e le famiglie, nell’evoluzione di una malattia a progressione infausta (con approccio multisciplinare si tenta d’alleviare la sofferenza degli inguaribili, per un fine vita dignitoso).
Il fatto è che, nel quadro della riorganizzazione prevista dal piano sanitario regionale,”il Cardarelli è stato cancellato come hub ed è stato invece designato come tale il Pascale, che è un centro oncologico, dove il malato cronico benigno non va… ”, continua Montrone. “Per cui tentammo di mantenere al Cardarelli almeno le cure palliative, visto che la legge le prevede”. Però, problemi continui …
Un paio di anni fa l’allora direttore generale Verdoliva assicurò (in accordo col governatore De Luca) che i posti letto del Cardarelli per le cure palliative sarebbero rimasti attivi sino a quando tali terapie non fossero state garantite dalle strutture specializzate previste dal piano sanitario regionale. Ma adesso, per via della pandemia, tutto si complica. Sos del dottor Montrone: “Vogliamo che quel reparto non chiuda e che gli sia restituita la funzionalità che si era conquistato”.
Una battaglia lunga oltre quarant’anni, quella di Montrone, che scelse di dedicarsi alla cura del dolore quando questa materia ancora non esisteva. Agozzino, Condorelli, Grella tra le figure importanti nella sua formazione. A Parigi seguì Bicheron e Pistor, tra i precursori della disciplina. Da giovane medico, a Napoli già aveva buona fama (un mago per i pazienti da lui guariti). Poi la direzione, sin dall’inizio, del centro di Terapia del dolore e cure palliative del Cardarelli, istituito come ambulatorio nel 1977 (presidente Raffaele Reina), il primo nell’Italia centro meridionale. Seguì il reparto con posti letto, dove s’è lavorato bene.
Ma da quando Montrone è andato via, il reparto traballa… E così si distrugge un know how che ci vorrebbero 15-20 anni per ricostituirlo.“L’apertura del reparto”, ricorda Montrone, “aveva pure decongestionato la Terapia intensiva e la Rianimazione, nonché altre divisioni dov’erano sparpagliati impropriamente i malati terminali, lasciando spazio ad altri pazienti…”. E ciò con un risparmio annuale di 4,8 milioni di euro (un posto in Rianimazione costa circa 2mila euro al giorno mentre un posto in Terapia del dolore poche centinaia di euro)”.
Situazione difficile. Ma, Covid permettendo, il direttore generale Longo e il governatore De Luca affronteranno anche questa questione. I malati terminali non sono pazienti di serie B.