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Il sosia di papa Bergoglio

Il profilo di Don Mimmo Battaglia, nuovo arcivescovo di Napoli dopo Crescenzo Sepe

Con l’umiltà che gli è consueta ha detto di non voler essere chiamato “prete di strada”. Anche se per strada, almeno fino a qualche giorno fa, lo si vedeva sempre e continuamente. Ora a Napoli sarà un po’ più difficile. Don Mimmo Battaglia martedì scorso ha ufficialmente rilevato il cardinale Sepe alla guida della diocesi di Napoli. Una cerimonia di “entrata in possesso” semplice, che ha seguito il rituale previsto in questi casi dalla Chiesa.

Hanno aperto il cuore alla speranza le sue prime parole dedicate ai fedeli napoletani: “Sono stato in periferia ed ho detto a una comunità che la povertà non è categoria ma volto, nome, storia e persona. Io sogno una nuova speranza che sia spazio per tutti. Vicini a chi ha perso il lavoro e vicino a chi è stato avviluppato dai tentacoli della camorra, capaci di intercettare il grido dei nostri ragazzi. Beati noi se sapremo costruire comunità che non lasciano indietro nessuno”. Lo ha detto rivolgendosi ai rappresentanti delle istituzioni cittadine, fra le quali c’era anche il sindaco de Magistris, che lui ha conosciuto in Calabria, soprattutto quando era parroco vicario a Montepaone Lido, dove de Magistris va in vacanza in estate. nel giorno del suo ingresso in diocesi.
“Napoli e tutto il Sud potranno diventare simbolo di rinascita per il paese, di capacità resistenza e resilienza, lottando per costruire un mondo migliore. Moltiplicare i gesti di misericordia per credere nel potere del miracolo dell’amore, per non sottrarci all’incontro con i poveri: da loro impareremo a non barricarci nel condominio indifferenza”, ha aggiunto.
Don Mimmo Battaglia è nato il 20 gennaio 1963 a Satriano, provincia di Catanzaro. Ha svolto gli studi filosofico-teologici presso il Seminario San Pio X di Catanzaro. Ordinato sacerdote il 6 febbraio 1988, è stato rettore del seminario arcivescovile liceale di Catanzaro e membro della Commissione diocesana Giustizia e Pace (1989-1992), amministratore parrocchiale a Sant’Elia, parroco della Madonna del Carmine a Catanzaro, direttore dell’Ufficio diocesano per la Cooperazione missionaria tra le Chiese, parroco a Satriano (1992-1999). È stato successivamente collaboratore del Santuario Santa Maria delle Grazie di Torre Ruggero, collaboratore Parrocchiale a Montepaone Lido e amministratore della Parrocchia di Santa Maria di Altavilla a Satriano. Dal 1992 è stato presidente del Centro calabrese di Solidarietà, struttura legata alle Comunità terapeutiche (Fict) di don Mario Picchi. È quindi un uomo di Chiesa che si è confrontato anche e a lungo con il complesso e delicato mondo del recupero dei drogati. Un’esperienza che ha affinato ancor di più la sua umanità.

Dal 2000 al 2006 è stato vicepresidente della Fondazione Betania dell’Arcidiocesi metropolitana di Catanzaro-Squillace. Dal 2006 al 2015 ha ricoperto l’incarico di presidente nazionale della Federazione italiana Comunità terapeutiche. Eletto vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti il 24 giugno 2016, è stato consacrato il 3 settembre successivo. Don Mimmo è un vescovo stile papa Francesco, che ai vescovi chiede di avere “l’odore delle pecore”. È lui che lo aveva voluto, appena quattro anni fa, vescovo a Cerreto, prima di trasferirlo ora a Napoli. In questo sacerdote calabrese – di appena 53 anni, al momento dell’elezione episcopale – papa Bergoglio individuava e, ancora, individua l’icona episcopale di una “Chiesa povera e per i poveri”. In Campania don Mimmo ha portato con sé la sua azione sacerdotale a favore degli ultimi e le sue radici calabresi, sulle quali certamente fonderà il cammino della diocesi partenopea: al dito l’anello episcopale è ricavato con l’oro della fede del papà defunto, la croce è intagliata nel legno degli ulivi di Satriano, il pastorale è realizzato artigianalmente dalle ragazze e dai ragazzi della comunità di accoglienza di Catanzaro.
Si tratta di segni che esprimono un preciso modello ecclesiale. “Napoli, incrocio di bellezza e di ricchezze umane all’ombra del Vesuvio, con la sua complessità e i suoi evidenti problemi, alcuni antichi ed altri nuovi, rappresenta il vero tesoro del nostro Sud, con i suoi limiti e le sue possibilità”, ha scritto il vescovo Battaglia rivolgendosi ai suoi nuovi fedeli. E poi un riferimento esplicito alla sua terra, la Calabria: “La capacità di resistere, reggendo, per così dire, anche al crollo di molte speranze, che trovo simile a quella della mia gente di Calabria, è la vostra e la nostra risorsa più grande”. La Chiesa del vescovo “Mimmo” è una Chiesa “dove non si celebrano solo dei riti ma la vita e le speranze delle donne e degli uomini del nostro tempo”. L’invito, per tutti, è quindi quello di “essere insieme artigiani di pace, cercatori di un infinito che intercetta i limiti per farne possibilità, “costruttori infaticabili di speranza” e di stare accanto ai “tanti che sperano e lottano ogni giorno per la giustizia, l’onestà, l’uguaglianza e la preferenza verso i più deboli, ma anche per la mancanza del lavoro, che rimane la vera piaga di questa nostra società”.

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