Il governatore della Campania Vincenzo De Luca è finito nella bufera. E vi è finito perché si è ostinato a voler proseguire, nonostante tutte le controindicazioni, nelle procedure concorsuali in atto nella regione.
Per poter affrontare questo argomento con la dovuta delicatezza che esso impone bisogna partire da una premessa. De Luca, meritoriamente, ha sbloccato il turn over che da anni paralizza l’attività non solo di consiglio e giunta della Regione, ma di quasi tutti gli enti locali. Ha organizzato due concorsi, uno riservato ai diplomati ed un altro i laureati, che prevedono l’assunzione di più di duemila giovani, che andranno ad occupare i posti vacanti negli enti locali. Ma non è stato fortunato. Perché si è affidato al Formez, un ente sperimentato e sulla carta di assoluto affidamento, ma che nella circostanza è venuto clamorosamente meno, allungando all’infinito e senza alcuna logica i tempi di svolgimento delle procedure. E non è stato fortunato anche perché l’arrivo del Coronavirus ha complicato tutto: i candidati, che avevano superato il test si sono spaventati e solo in pochi si sono presentati alle prove scritte. Mentre, contemporaneamente, altri candidati esclusi dai test hanno presentato ricorso al Tar lamentando l’uso improprio di telefonini durante le prove e sono stati ammessi dai giudici amministrativi alle prove scritte, sub condizione, cioè bisognerà attendere ottobre per discutere il merito. Di fronte a questi problemi da più parti era stato chiesto al presidente della Regione di sospendere le prove, ma De Luca si è fermamente opposto, giustificandosi con il proposito di garantire al più presto possibile la copertura dei posti vacanti. Il che risponde effettivamente, come detto, ad una necessità urgente. Esistono alcuni settori del consiglio regionale, ad esempio, quasi paralizzati per mancanza di personale.
Quella che era una polemica bloccata sul cosiddetto “concorsone” ha ricevuto nuova linfa proprio in queste ore. Perché nel frattempo sono partite le prove per l’altro concorso, a 650 posti, sempre diviso fra laureati e diplomati, per i Centri per l’impiego. Il dilagare del Coronavirus avrebbe suggerito il rinvio delle prove, ma De Luca anche in questa circostanza ha tirato diritto. A chi gli ha opposto i rischi cui sarebbero andati incontro i candidati ha replicato: “Abbiamo sistemato i banchi a distanza regolare, i locali sono stati igienizzati, abbiamo preso tutte la cautele per non far correre pericoli di contagio”. E le prove giovedì sono cominciate regolarmente ed andranno avanti fino a fine mese. Con un problema, però: che giustamente gran parte dei concorrenti non si è fidata delle parole di De Luca e non si è presentata. Ed ora annunciano ricorsi, perché l’infezione da Coronavirus avrebbe dovuto far sospendere il concorso sulla basse anche del decreto del governo. Insomma anche questo secondo concorso non avrà pace, tra polemiche e ricorsi.
E se De Luca può opporre più o meno convincenti ragioni al proseguimento del “concorsone”, già avviato ed urgente per coprire i vuoti in organico, oggettivamente questa fretta non la si riscontra per il nuovo concorso per i centri per l’impiego. L’opposizione ha facile gioco: De Luca è in campagna elettorale e non vuol perdere l’occasione di ingraziarsi un po’ di giovani elettori. Ma se così fosse, avrebbe fatto un clamoroso autogol.