Finalmente, è finita. Non se ne poteva più della campagna elettorale e di tutta l’ipocrisia italiota che si porta appresso. Una campagna elettorale che certamente non passerà alla storia per i contenuti, come ha testimoniato il ritorno allo stupidario dell’antifascismo militante, da una parte, la competizione tra i tre leader del centrodestra, incapaci di mettersi d’accordo, o di fare semplicemente le primarie. Tra l’altro, è anche questo un fatto tutto particolare: il Silvio Berlusconi che ha caratterizzato la sua “discesa in campo” scopiazzando il modello americano della democrazia, criticato ma poi copiato da una certa sinistra, non ne ha avallato il meccanismo più importante: le primarie, appunto. Vergognoso, poi, è stato l’atteggiamento della Stampa di regime nella protervia e supponenza mostrata verso il Movimento 5 Stelle, qualcosa che trova una misura uguale solo nel servilismo che i suoi rappresentanti nutrono verso il Partito Democratico e Forza Italia. Ma non è finita qui. Purtroppo, ci aspettano ancora giorni e giorni di talk-show televisivi fatti di chiacchiere e distintivi, ma senza vie d’uscita al vuoto pneumatico delle idee. E allora, qualcosa che profumi di reale e di buon senso dobbiamo provare a dirla noi, per esempio, a Grasso e alla Boldrini, emblemi della politica europea secondo Giorgio Napolitano. Ancora una volta, dopo l’esperienza Monti, rappresentanti politici di plastica, calati dall’alto per compiacere Angela Merkel & Co, si ribellano al padre artificiale e si mettono in proprio, fondano un partito, anch’esso, naturalmente, di plastica, non essendosi mai confrontati con il consenso degli elettori, e si muovono come elefanti in una cristalliera.
Vedere due alte cariche dello Stato sfilare in strada, schierate a capo dei centri sociali e dei partigiani dell’Anpi, faceva già un certo effetto, ma il peggio sono state le dichiarazioni e i richiami al clima del ’68, al quale si pensava ormai di aver pagato un tributo di sangue più che sufficiente. Ancora una volta, come nei film di don Camillo e Peppone, la sinistra senza idee addormentata nelle Camere della politica, ha chiamato in campo i fantasmi del nemico passato e, senza capire niente di quello che accade nel quotidiano del Paese, ha aperto gli occhi per gridare: “Fascisti!”. L’antirazzismo, poi, si porta, fa moda ed è politicamente corretto, quindi, vai: aggiungi! Il bel risultato del giocare col fuoco è stata l’aggressione a un esponente della destra “fascista” dai giustizialisti di sinistra.
Per me, gli anni 70, il fascismo ed il comunismo, hanno una data ed un luogo preciso di chiusura: Roma, 16 aprile 1973, quartiere Primavalle. Ma soprattutto, un’immagine: quella di Virgilio Mattei semicarbonizzato, al davanzale di casa sua con una mano sui fili degli stenditoi, nel tentativo di buttarsi giù, scavalcando. Casa modesta, da gente di borgata, messa a fuoco dai “compagni” per punire i “fascisti” in uno scontro tutto ideologico dove a farne le spese fu la povera gente. Ma torno a quella foto. Uno scatto che non mi fece tanto orrore per quello che si vede, quanto per quello che si intravede e, dunque si deve immaginare: sotto la finestra, troppo piccolo, c’è il fratellino Stefano Mattei, 8 anni (otto), anch’egli carbonizzato sotto l’altra mano di Virgilio, fermatasi in una tetra carezza, ultimo ed inutile tentativo di istintiva difesa. In quella foto, il vero orrore è quello che non si vede ma rappresenta il superamento di un confine: non a caso i “valorosi compagni” scapparono in Brasile alla corte di Lula, mentre il popolo, la gente di Primavalle, i proletari per i quali queste anime belle si batterono, corsero a dare la loro solidarietà a quel che rimase della famiglia Mattei: “…semo gente de borgata…”. Ecco, nel voler ricordare a tutti che giocando a fare le sedute spiritiche, a volte i fantasmi tornano davvero, ci piacerebbe che nell’italietta ipocrita che sa costruire posizioni politiche solo “contro” qualcuno, si prendesse atto che il fascismo, il nazismo e il comunismo sono state dittature feroci, da ricordare per evitarle e non per rinnovarle nel nome della speculazione elettorale da parte di chi non ha argomenti. Cosa c’entra tutto questo con il Sud? Niente. Ma perché, che cosa è c’entrato il Sud con questa campagna elettorale?