Home Cronaca di Napoli e provincia “Figlio mio, non partire”: ansia da Covid

“Figlio mio, non partire”: ansia da Covid

Stretti stretti contro la paura del contagio da Coronavirus: adesso è rischioso anche spostarsi da una regione all’altra

Sembra lontanissimo il tempo in cui ci si muoveva liberamente nel mondo. Gli attentati nelle località di vacanza più gettonate (vedi Sharm el Sheikh nel 2005 e 2017) già avevano condizionato i flussi turistici, orientandoli verso altre località, soprattutto del Mediterraneo… Poi è arrivata la pandemia: quando è esplosa l’emergenza, decine di migliaia di italiani si trovavano all’estero e hanno incontrato enormi difficoltà per rientrare. Per la prima volta da decenni, le famiglie sono rimaste separate, smembrate, senza possibilità di ricongiungersi, come ai tempi della guerra… Circostanza che non mancherà di produrre cambiamenti.
Migliaia gli studenti Erasmus che con la chiusura delle frontiere e i voli cancellati l’8 marzo si trovarono bloccati nei vari Paesi senza più un alloggio (per la sospensione dei progetti di mobilità studentesca) senza denaro e nella difficoltà di adempiere alle pratiche per rientrare (una ragazza riuscì a convincere un tassista spagnolo ad accompagnarla in Italia e che l’avrebbe pagato una volta giunta a destinazione). Tantissimi gli operai e i professionisti lontani per lavoro. Rosario e la moglie non poterono raggiungere, come ogni anno, il figlio a Copenaghen. L’ex parlamentare Pd Luisa Bossa rimase “esiliata” per lungo tempo col marito in Turchia dov’erano andati il 4 febbraio a trovare i nipotini. Una mamma con bimbo di pochi mesi non riusciva a tornare a Cuba dove lavora il marito. Intrappolati anche tanti giovani (e anziani) ch’erano andati in vacanza in zone esotiche. Apprensione dei genitori. Per non parlare dell’odissea delle navi da crociera (divieto di attracco, se avevano contagiati a bordo). Un mercantile napoletano poi è da mesi bloccato al largo della Cina, nell’impossibilità di dare il cambio ai marinai, due dei quali nel frattempo sono diventati papà, senza ancora aver potuto abbracciare i propri piccoli. La velocità di diffusione del virus fuoruscito dal suo habitat è collegata alla facilità di spostamenti in un mondo globalizzato.
Ma adesso il traffico aereo, ferroviario, navale è fortemente ridotto; come se non bastasse la paura… Tanti giovani costretti a lasciare il Sud per trovare lavoro, ora cercano l’opportunità di rientrare. E c’è da giurare che i genitori non lasceranno più andare con tanta facilità i figli all’estero.
Bello sentirsi “moderni” ma c’è un prezzo. Illuminante la lettera su Internet di una ultraquarantenne con marito che lavora in India: “Gli orologi di casa segnano due ore: quella italiana e quella indiana. Vite fuori sincrono, e in mezzo ci sono tanti avvenimenti ai quali lui non può prendere parte: dentini che cadono, crisi adolescenziali, colloqui con i prof. Per fortuna ci sentiamo su Skype più volte al giorno… È quasi divertente, o vogliamo crederlo. Serve a farsi coraggio quando si fa la conta dei momenti andati perduti. Stiamo invecchiando lontani uno dall’altro. E non credo che questo sia normale. L’amore non va sprecato”.

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