Il governatore della Campania vuole sbancare anche a Napoli e si prepara per le elezioni comunali
E così finì che anche il “duro e puro” De Luca si piegò alla ragion di Stato. O meglio alla ragione dello “suo particulare”, perché è chiaro che dopo sei anni di duelli a colpi di scimitarra con de Magistris oggi il governatore abbia in animo di estendere il suo potere. La sola Salerno non gli basta più. E quale ambizione può essere più invitante di quella di mettere tende anche nel capoluogo di regione, finora per lui reso off limits dall’ingombrante presenza dell’ex pm?
Questo miraggio ha suggerito, evidentemente, al presidente della giunta di deporre l’ascia di guerra contro i grillini e di avviarsi, con la mediazione del Pd locale, ad un accordo che ricalca quello del governo nazionale. Una coalizione tra deluchiani, piddini e grillini che possa competere, con un candidato unico (Manfredi?) contro l’avversario del centrodestra, presumibilmente Catello Maresca. Non c’è ovviamente una dichiarazione ufficiale su questa apertura, ma gli spifferi che provengono da Oddati, coadiutore della segreteria di Nicola Zingaretti e dallo stesso segretario metropolitano Saracino fanno intuire che il dado è tratto.
Da parte grillina per ora niente ufficialità. Ma che l’ipotesi di un’alleanza sia diventata ora percorribile è confermato da una dichiarazione del consigliere regionale Luigi Cirillo, che parla di “mettere da parte le barriere ideologiche” e pronuncia frasi impronunciabili per lui fino ad un mese fa, tipo “governabilità” e “responsabilità”. E poi aggiunge, udite, udite: “Abbiamo una grande opportunità per salvare Napoli”. Figuriamoci, ma chi può mai fondatamente pensare che i 5 Stelle, freschi freschi, arrivino, con tutte le loro conclamate capacità amministrative addirittura a salvare Napoli? Raggi docet.
Che strano Paese è il nostro. Qui da noi, in Italia, accade che Salvini e i 5 Stelle si insultino per una vita intera e poi facciano un governo insieme. E accade poi che il segretario del Pd Zingaretti pronunci pubblicamente la fatidica frase: “Lo dico davanti a tutti e lo dirò per sempre: non intendo favorire alcun accordo con i 5 Stelle”. Salvo, venti giorni dopo, complice Matteo Renzi, a formare proprio con Di Maio e company il governo giallorosso. Dati questi illustri precedenti non c’è forse nulla di male che anche De Luca abbia deciso di fare il grande e interessato salto. Ma è il crollo di un mito. Basta solo andare indietro di rileggere la lunga sequela di insulti che si sono scambiati in passato il governatore e i pentastellati per rendersene conto.
Diceva De Luca di Di Maio: “Sciacallo, con ministri così meglio che il governo vada a casa”. “Luigino mi ha disturbato la cena”. E ancora: “Il solo nome mi provoca reazioni di istinto”. E di Spadafora diceva che raccontava bestialità. Questo solo per estrarre pochissimi passaggi del corposo florilegio di accuse e di bordate riservate dallo “sceriffo” contro i suoi avversari “nazionali”.
Un capitolo a parte merita poi la lunga battaglia condotta contro Valeria Ciarambino, la leader del 5 Stelle in consiglio regionale. Siluri scambievoli, un’altra interminabile sequela di insulti che ha percorso tutta la prima legislatura deluchiana e che si è arricchita di capitoli ancor più velenosi durante l’ultima campagna elettorale che ha preceduto la rielezione di De Luca. Il governatore l’ha apostrofata in più circostanze, mal sopportandone le continue serie di interventi in consiglio e le dichiarazioni che esprimevano taglienti giudizi sul suo operato. Stile vaffa, ovviamente. Tra gli affondi val la pena di segnalarne uno, tra i più feroci, che segnò anche una imbarazzante caduta di stile: “C’è una signora che disturba anche quando sta a cento metri di distanza. Quella chiattona…”. Incommentabile.
A sua volta non era tenera la Ciarambino: “Vincenzo De Luca è peggio del Covid, non basteranno le ordinanze sceriffesche e le patetiche gag a coprire le nefandezze di una gestione pessima”. E tantissimi altri fendenti. Poi all’improvviso l’ammorbidimento. Seguiamone l’iter. Il 30 settembre 2020, a pochi giorni dalla vittoria di De Luca la capogruppo dei 5 Stelle parla, inopinatamente, di “collaborazione e responsabilità”.
Oddio, che succede? Vuoi vedere che da Roma le hanno ordinato di mutare atteggiamento? O c’è dell’altro sotto? I dubbi vengono sciolti il 20 ottobre, quando la Ciarambino apre ufficialmente a De Luca. E la spiegazione arriva sei giorni dopo, quando viene eletta vicepresidente del consiglio regionale. Straordinaria manifestazione di coerenza, in linea con il partito peraltro, che grazie alle piroette di Di Maio s’è alleato prima con Salvini e poi subito dopo con Zingaretti, immemore dei vaffa e degli anatemi che aveva lanciato contro di loro in tutti gli anni passati. Un vero fuoriclasse, quanto a coerenza.
È la politica, bellezza.