di Tina Incarnato
Un “no” deciso a chi nel Mondo alimenta paure e vuole creare barriere alla reciproca comprensione fra esseri umani.È un vero e proprio appello a reagire contro il dilagare di sovranismi e nazionalismi, dagli Usa di Trump all’Italia di Salvini. È questo il messaggio forte lanciato dal palco dell’Ischia Global Film & Music Festival, da Bob Geldof, insignito per l’iccasione del premio Ischia Humanitarian Award. Contro il dilagare di muri e confini che non servono a nulla, si scaglia il noto artista e attivista inventore del Live Aid e tuttora simbolo dell’impegno civile nel mondo della musica, per rappresentare la realtà di milioni e milioni di persone in viaggio verso una esistenza migliore. “Metto in guardia anche gli italiani dal virus del nazionalismo che si sta diffondendo in molti paesi, Stati Uniti compresi” ha detto Geldof alla platea del Global. “Respingere queste persone è sbagliato. Sono irlandese, conosco i danni del nazionalismo, ringrazio sempre l’Inghilterra per avermi accolto» dice prima di presentare per la prima volta in Italia un documentario al quale tiene moltissimo: ‘A Fanatic Heart: Geldof on Yeats’, dedicato alla vita di uno dei più grandi poeti del 900, l’irlandese William Butle Yeats, premio Nobel, con letture di Bill Nighy, Van Morrison, Richard E. Grant, Colin Farrell, Bono, Edna ÒBrien, Ardal ÒHanlon, Noel Gallagher e Liam Neeson. Accompagnato dalla presidentessa onoraria del Festival Trudie Styler, Geldof nelle giornate ischitane ha partecipato al Social cinema forum promosso dal Global Festival con il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, e all’Italian Music Summer Summit, promosso con la Siae. Si è piaciuto in Bohemian Rhapsody? «Ho preferito evitare, non mi piacerebbe vedermi come un personaggio sullo schermo. Sono felicissimo però del grande successo di questo film. Alcune parti che riguardavano il Live Aid sono romanzate per esigenze drammaturgiche, ma non è un problema». Ed a proposito della eventualità di organizzare a distanza di così tanti anni un nuovo Live Aid? «Sicuramente avrebbe un impatto diverso, oggi si comunica in tutt’altro modo. Quell’avventura nacque per caso, dalla mia rabbia quando seppi che 30 milioni di persone in Africa rischiavano di morire di fame».