È passato quasi mezzo secolo da quel 9 aprile 1969 quando Battipaglia, importante comune della piana del fiume Sele, balzò tragicamente agli onori della cronaca nera per l’assassinio di due giovani vite da parte delle forze dell’ordine intervenute in maniera violenta e brutale nel tentativo di disperdere un corteo di protesta di chi chiedeva solo pane e promesse mantenute.
Battipaglia, che Ferdinando II di Borbone fonda come colonia agricola atta a ospitare gli sfollati del terremoto che colpì il vallo di Diano e parte della Basilicata e che un decreto regio del 1929 di un sabaudo usurpatore fa diventare città, fu distrutta completamente dai bombardamenti degli Alleati anglo-americani (i cui costi di ricostruzione, paradossalmente, li anticiperanno gli americani con il piano Marshall e li ripagherà l’Italia diventando colonia a tutti gli effetti) fu ricostruita completamente con un pessimo piano regolatore che non contemplò nemmeno un sistema fognario, nel 1948 contava quasi 10mila abitanti che nell’illusione del boom economico degli anni 50, all’inizio del 1961, diventarono 35mila perché alle tradizionali aziende di trasformazione di prodotti agricoli si affiancarono per qualche lustro diverse industrie.
Lotte partitiche fratricide, pressapochismo, menefreghismo ma soprattutto le possibili ingerenze di un sindaco di Salerno decisamente “salerno-centrico” (Alfonso Menna, un De Luca ante litteram potremmo definirlo, che probabilmente dirottò le scelte di industriali, in larga parte del Nord, all’interno del territorio della città di Salerno certi della benevolenza del sindaco che, coincidenza, in quel tempo aveva anche la carica di presidente dell’istituto finanziario della Cassa per il Mezzogiorno, ente che erogava i finanziamenti a coloro che decidevano di investire nel Sud Italia), causarono una forte crisi.
Cominciarono così, a Battipaglia, i malcontenti e la disoccupazione e di fronte al pericolo della decisione di chiudere le aziende storiche del territorio, da parte della Saim (società agricola industriale del Mezzogiorno): lo zuccherificio (prodotto dalla barbabietola) e il tabacchificio ATI, gli animi dei battipagliesi si esasperarono ulteriormente e quella che fu una giornata di proteste per rivendicare il sacrosanto diritto al lavoro, contro le cattive politiche governative, fu strumentalizzata e bollata come manifestazione eversiva. Nulla di nuovo se non l’ennesima vergogna tutta italiana.
Il testo della canzone “Battipaglia” di Franco Trincale
Battipaglia nove aprile tutti in piazza sono scesi rossi, bianchi, d’ogni colore per difendere il lavoro. Come sempre li padroni la sbirraglia hanno mandato con i mitra caricati come ad Avola e Viareggio. Chista è storia di oggi storia di povera gente ammazzata come cani per difendere lu pani. | Nella terra di Campania dove Cristo s’è fermato scorre il sangue nella strada della gente più sfruttata. Carmine si chiamava lu guaglione assassinato e Teresa la maestra che lu core ci hanno squarciatu. E la storia si ripete come sempre c’è l’inchiesta gli assassini restan fuori e i poveri in galera. |