
L’inchiesta. L’opinione dei napoletani sulla violenza giovanile si concentra sul gap educativo delle famiglie e l’assenza di controlli
Tra le strade del quartiere Chiaia e Vomero sono emerse, dalle voci dei napoletani, le possibili cause dello sviluppo del fenomeno, tanto discusso, delle baby gang. Le loro opinioni permettono, infatti, di ricostruire i fattori all’origine di questa mostruosa manifestazione di violenza giovanile. Tra le motivazioni più comuni si dà la colpa a un gap socio-culturale ed educativo da parte delle famiglie, aggiunto a una mancanza di controlli sul territorio. Esiste un minimo comune denominatore che accomuna le risposte delle persone intervistate e fa riferimento alla tanto contestata serie televisiva Gomorra. Le dichiarazioni evidenziano che è stata fin troppo accusata dai media per aver diffuso tra i più giovani la cosiddetta “guapparia post Gomorra”, che consiste in un’eccessiva esaltazione che sfocia nell’emulare comportamenti di personaggi televisivi scambiati per eroi o modelli di vita. Quando è stato chiesto se si credesse che in qualche modo la serie televisiva avesse influenzato negativamente i giovani appartenenti a una bassa fascia d’età, è stato risposto: “C’è sempre stata una pellicola cinematografica sul crimine ambientata a Napoli. Troppo facile!”. Aggiungendo: “Povera la patria che ha bisogno di eroi, o meglio, povera la patria che ha paura di un film!”. C’è invece chi preferisce esprimersi in modo retorico e con un filo di sarcasmo: “Allora dobbiamo cancellare trent’anni di cinema americano? Francis Ford Coppola, lo buttiamo via? E anche Martin Scorsese?”. Le persone intervistate continuano ad esporre la propria opinione a riguardo, illustrando che la fiction dovrebbe essere spiegata ai ragazzini, in quanto nasconde un significato più profondo. Questo compito andrebbe affidato alle famiglie o alle scuole che attraverso un dialogo, faccia a faccia con i follower della serie tv, dovrebbero guidarli a capire che “quella vita non dura”. In quanto non è concepibile che una fiction si addossi gran parte delle colpe nel momento in cui si manifestano eventi di violenza minorile. Secondo quanto emerso dall’opinione degli intervistati, le cause hanno basi e radici più profonde e bisognerebbe agire iniziando dalle origini del problema, perché nessuno decide di diventare un criminale dopo aver visto una puntata in onda sullo schermo di casa. La criminalità nasce dal degrado sociale, economico, culturale ed educativo. A questo punto, per concludere, è stata posta un’ultima domanda sul tipo di intervento che andrebbe intrapreso per apportare delle soluzioni al problema delle baby gang. Prima una lunga riflessione, poi a seguire le prime parole su un ragionamento che prevede un lavoro sul medio-lungo termine, ovvero a monte del problema, intervenendo e migliorando gli aspetti poco prima elencati (sociali, culturali, economici, educativi). Sono tutti abbastanza consapevoli che tale intervento richiederebbe tempi troppo lunghi e invece al momento serve agire sul breve termine, aumentando i controlli sul territorio e ponendo regole e leggi punitive più rigide anche per i minori. Quando purtroppo le istituzioni e lo Stato sono assenti, prendono iniziativa enti parastatali come le associazioni, le cooperative o la chiesa che attraverso le loro attività di volontariato danno la possibilità ai giovani disagiati di risollevarsi dalle condizioni di degrado in cui si trovano. Spesso viene insegnato, proprio attraverso le attività sportive, che esistono delle regole da rispettare, aiutando in questo modo a delineare una forma mentis che educhi alla distinzione del bene dal male, di cosa sia giusto e cosa, invece, sbagliato. Inoltre c’è da dire che il fenomeno delle baby gang non è legato solamente alla Campania, proprio come sottolinea Gianpaolo Albano, socio delle “Cantine Sociali” del quartiere Chiaia – zona in cui hanno avuto luogo episodi di violenza giovanile, ovvero nel cuore della movida napoletana, che ha detto: “Non è presente solo qui, ma si estende a livello nazionale”.