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Una sconfitta che serve da lezione

Il ko in Supercoppa contro la Juventus è frutto di una prestazione poco coraggiosa e tatticamente “passiva”

Questione di cabala o volontà precisa della Dea Eupalla a decidere della sconfitta del Napoli in Supercoppa?
I segnali non positivi, per chi crede alle “eccezioni che confermano le regole” c’erano tutti… Poteva mai la Juve sbagliare due partite di seguito? E poteva mai il Napoli altalenante di questi ultimi tempi confermare la smagliante prestazione offerta contro la Fiorentina?

Per non parlare, poi, dell’alternanza di vittorie nelle sfide: la prima e la terza a favore degli azzurri, la seconda e, quindi, la quarta alla Juventus…
Ce n’era di discorsi “strani” da fare per la gara di Reggio Emilia, e in effetti, scherzi, scaramanzie e cabala a parte, la Juve s’è aggiudicata il trofeo.
Però, senza criticare nessuno, mi sento di poter affermare che non è stata la Juventus a vincere il trofeo, quanto il Napoli, con il suo atteggiamento troppo remissivo a perderlo.
È stata una gara senza acuti, squadre timorose e impaurite l’una dell’altra. Poca voglia di osare e palloni portati avanti più perché bisogna pur tentare di segnare un golletto per vincere che per un’idea reale di gioco organizzata e programmata alla vigilia della gara.

Rispetto eccessivo tra i due tecnici e poca voglia di sorprendere l’altro con una mossa tattica audace o spregiudicata. Ne è nata, se mi è consentito, una partita noiosa assai, giocata sui nervi più che sulle abilità tecniche e tattiche dei singoli o del gruppo. A Gattuso non è riuscito il bis della finale di Coppa Italia pur cercando di riproporre lo stesso tema tattico di gara: Napoli coperto e pronto nel tentativo di ripartire con gli strappi di Zielinski e la velocità di Insigne e Lozano sulle corsie esterne. Il giochetto non è riuscito perché Pirlo, sotto il peso della scoppola rimediata al Meazza contro l’Inter ha pensato bene di guardarsi in primis le spalle, mettendo davanti alla linea difensiva a quattro, tre giocatori di “garra” come Mckennie, Bentancur e Arthur, al posto di Ramsey e Rabiot, che hanno chiuso tutte le linee di passaggio ai centrocampisti azzurri e, soprattutto, “braccato” per tutto il campo il buon Zielinski che mai è riuscito a rendersi pericoloso negli ultimi 30 metri.
Il Napoli, soprattutto nel secondo tempo ha subito troppo il palleggio della Juve e mai s’ è inventato qualche giocata che creasse preoccupazione ad una Juve già di per sé preoccupata di non farcela contro una squadra sicuramente più organizzata.
E gli episodi, come di solito capita in partite “secche”, questa volta hanno detto Juventus, la squadra che di più ha cercato di vincere e mettere le mani sul trofeo.
Il Napoli non ne è uscito né umiliato né offeso però Gattuso che ha assolto i suoi (“ hanno fatto tutto quello che gli avevo detto di fare”), delle domande deve farsele ma soprattutto deve darsi risposte sincere e giuste, senza cercare alibi. Ha messo la squadra nelle condizioni migliori per mettere in difficoltà una Juve con diversi problemi strutturali? Ha mai provato a chiedere ai suoi di alzare il ritmo e verticalizzare di più cercando Insigne e Lozano con maggiore frequenza? Ha mai provato a tirar fuori Zielinski dalla ragnatela costruitagli da Pirlo, accentrando magari Insigne tra le linee?
Non sono critiche, tengo a sottolinearlo, ma un allenatore deve saper rischiare, soprattutto quando in palio non ci sono milioni di euro o posizioni nel ranking europeo.
Ci pensi Gattuso, in vista della gara di recupero in campionato, quella sì, importantissima e da non sbagliare. La dea Eupalla gli offre la possibilità di rivincita, come pure in Coppa Italia contro lo Spezia.
Per chi ci crede, Eupalla e la cabala, questa volta, girano a favore del Napoli e del loro allenatore.

 

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