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Paolo Rossi, icona umile del Belpaese vincente

Passi in fretta questo 2020, bisesto e funesto come pochi altri. Anche per il mondo dello sport e del calcio in particolare. Il 25 novembre l’addio a Maradona, la leggenda, il dio del calcio; esattamente 15 giorni dopo l’addio a Paolorossi (sì, scritto tutto una parola, ndr), l’icona dell’ Italia calcistica e vincente, anzi l’Italia tutta. Come la pizza e gli spaghetti, il Colosseo e la Madunina…Diventò il simbolo del Belpaese dopo la vittoria ai mondiali dell’ ’82 in Spagna, griffata Rossi, che diventò Pablito, con sei sigilli che gli valsero il “Pallone d’oro”. Quattro anni dopo toccò a Diego diventare il simbolo vivente del calcio. Un caso la congiuntura astrale della morte di due personaggi tanto diversi eppure così simili per ciò che hanno rappresentato nel calcio? Calcisticamente il confronto è impossibile, ma la morte, come a’ livella, ha equiparato i due, opposti che si toccano.

La semplicità e la trasparenza di Rossi, uomo e giocatore, a confronto con la grandezza e i dubbi irrisolti di Maradona calciatore e uomo. Gli infortuni in carriera e anche Napoli o il Napoli, fate voi, ad accomunare una diversità difficile da immaginare più forte. Maradona ha fatto del Napoli e di Napoli la sua seconda patria, amato e venerato come un dio. Rossi, estate 1979, scelse di non scegliere il Napoli, non Napoli, e i tifosi se lo legarono al dito quel rifiuto. Un aereo sorvolò il San Paolo durante Napoli-Perugia recando in coda uno striscione che diceva: “Paolo Rossi non sei degno di noi”. Non venne capita la sua scelta. Era un Napoli mediocre e Ferlaino, come aveva fatto con Savoldi, comprava il grande giocatore per entusiasmare i tifosi e fare oltre sessantamila abbonati. Ma era una squadra senza progetto. Quello sarebbe arrivato solo con Allodi, Bianchi e soprattutto Maradona. Dopo Perugia la Juventus, dove vinse tutto, compresa la finale di Coppa Campioni insanguinata dell’Heisel. Fu sfortunato quando venne coinvolto nella prima “Calciopoli”. Non c’entrava niente ma fu superficiale e pagò con due anni di squalifica. Serviva il “mostro” da sbattere in prima pagina e la sua faccia acqua e sapone era quella giusta. Il destino, però, ti rende sempre ciò che ti toglie. I mondiali ‘82 lo consacrarono icona. Maradona e Rossi, l’Alfa e l’Omega di due vite all’opposto. Due simboli così diversi che il calcio e la morte hanno accomunato in un solo caloroso abbraccio rendendoli immortali. E chissà che Diego, magari servendogli qualche assist “celeste” non trovi in Paolo quella serenità che non ha avuto sulla terra e che è stata, invece, la chiave della breve esistenza di Paolorossi.

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