Ci provo in tutti i modi a diventare critico nei confronti di De Laurentiis sulla sostanza (sulla forma non si discute che siamo sempre stati a livelli molto bassi, benché anche quelli funzionali al contesto). Nello specifico e nel contingente, quando il presidente ha parlato, in udienza al Senato, della farabuttaggine dei procuratori che, in sostanza, dopano il mercato in maniera ormai insostenibile per l’industria calcistica (generando un’espansione esponenziale del gap tra società calcistiche strutturate e piccole realtà), ha detto la più inconfutabile delle verità. Nei capillari di queste sue elucubrazioni, si infiltra perfettamente la vicenda del capitano Di Lorenzo (fino a qualche settimana fa avrei usato la maiuscola anche per la parola “capitano”) e del suo procuratore Giuffrida o Giuffredi o Giuffré o-come-cazzo-si-chiama (mi rifiuto anche di andare a cercare su Google).
Giovanni Di Lorenzo è stato il simbolo di una storia meravigliosa ed un elemento inamovibile dal cuore dei tifosi, a prescindere dal fatto di essere miserrimamente crollato anche lui sotto i colpi dell’autocompiacimento del sopraggiunto status di “eroe immortale”. Credo che fino ad un paio di settimane fa, benché fosse sotto gli occhi di tutti che il suo rendimento si era più che dimezzato rispetto ai fasti recenti, nessuno gli avrebbe mai mosso più che un bonario rimbrottino. Basti pensare che le sue cappelle quest’anno hanno causato più gol subiti di quelle di Juan Jesus, che invece è stato messo in croce a testa in giù e con i piombi a campana da 5 attaccati alle palle. Eppure nessuno avrebbe mai immaginato un futuro del Napoli senza di lui. Magari avremmo voluto tutti gli altri fuori dai piedi, nessuno escluso o quasi. Come considerazione personale, se fosse stata reale l’ipotesi del repulisti totale, avrei tenuto solo il lui e Lobotka.
Ma, sempre personalmente, avrei trovato questa soluzione granitica ed inamovibile solo se Di Lorenzo, a fine campionato, fosse andato davanti ai microfoni a dire che i fischi ricevuti da tutta la squadra e da lui stesso, erano il più sacrosanto dei diritti dei tifosi, che quest’anno si sono dovuti sorbire un contrappasso alla gioia dello scorso anno, parecchio spropositato rispetto ad un fisiologico ridimensionamento delle velleità. Ed invece il capitano, non solo non si è fatto vivo, lasciando il povero Meret a sopportare la mortificazione di essere il volto del disastro, ma ha ben pensato di delegare a quel soggetto inqualificabile del suo procuratore Giuffrida, o Giuffredi, o Giuffré, o-come-cazzo-si-chiama, il compito di comunicare che lui è offeso a morte dal comportamento della società che non considera incedibile nessuno e che gradirebbe andarsene.
Ora, facciamo che esiste sempre la scappatoia della dissociazione dalle parole di Giuffrida, o Giuffredi, o Giuffré, o-come-cazzo-si-chiama, facciamo che esiste anche la scusa che i giornalisti si sono inventati tutto, ma francamente il comportamento del capitano in questo momento merita il VAFFANCULO più grande e rappresentativo che si possa esprimere nei confronti di TUTTI gli attori di questa stagione nefasta, l’Archetipo del VAFFANCULO, il VAFFANCULO Assoluto. Una stagione in cui NESSUNO si è assunto le responsabilità del disastro (il presidente lo ha fatto una volta ma ovviamente per pura paraculaggine e nessuno ci è cascato). Una stagione dove perfino quella brava persona (nonché miracolato di livello PLATINUM) di Calzona, si è sentito in diritto di dire che tutto era un disastro irreparabile già quando è arrivato, liberando, nella sua testa, sé stesso dalla responsabilità di avere avuto la peggiore sequenza di partite consecutive con gol subiti probabilmente degli interi 98 anni di vita della SSC Napoli.
Carissimo Giovanni Di Lorenzo, se vuoi, puoi andare. Ma se vuoi restare devi chiedere scusa, a nome tuo e, come capitano, a nome della squadra. Dopodiché dovresti fare due cose sagge, smentire ufficialmente coloro che hanno riempito le pagine con la notizia della tua volontà di andare via (anche fosse vera, tanto sarebbe sempre 100 palle ad 1 per loro) ma soprattutto, licenziare Giuffrida, o Giuffredi, o Giuffré, o-come-cazzo-si-chiama