Napoli. Possono, gli ultimi 4 minuti di una partita, far cambiare il giudizio su una gara che nei precedenti ottantanove è sembrata giocata con un affanno che non sapevi se fosse di natura fisica o mentale?
Teoricamente, no. Praticamente, però, è accaduto e gli ultimi quattro minuti di Napoli-Chievo mi fanno sommessamente dire sì, senza alcuna remora o timore di essere fazioso.
Quello che è accaduto tra l’89’ ed il 93′ è stato un piccolo miracolo e, non me ne voglia Sarri, è affatto vero che la vittoria ha riportato nella logica quello che s’era visto in campo. Se c’è qualcosa che rende il calcio lo sport più popolare è la sua imponderabilità ed è quello che s’è visto ieri al San Paolo davanti ad una folla di tifosi che ha spinto la squadra a dare di tutto e di più senza fare calcoli o pensare a giocare sempre e comunque con lucida razionalità.
Ieri ha vinto l’emotività e il cuore di un popolo intero e, paradosso tra i paradossi, quello che ha fatto scoccare la scintilla nella squadra non è stato l’errore di Mertens dal dischetto bensì l’incomprensione difensiva tra Koulibaly e Tonelli. In quel momento è scattata la rabbia e s’è vista, finalmente di nuovo, la voglia feroce di tutto il gruppo di riprendersi il destino del proprio futuro e del campionato.
E s’è vista anche la compattezza, l’energia e la fame di vittoria che prima sembravano smarrite come irretite dalla gigantesca diga eretta da Maran, da un Sorrentino miracoloso in almeno tre occasioni e da un destino che per l’ennesima volta sembrava voler essere atrocemente beffardo con i colori azzurri. In quei 4 fatidici minuti sono tornate come per incanto forza, gambe e rabbia per ribaltare destino e risultato e far capire alla Juve che dovrà lottare duro contro questo Napoli.
Milik e Diawara sono stati gli eroi di una gara difficile, difficilissima da decifrare.
L’attaccante polacco rientrato da poco dopo il secondo grave infortunio al ginocchio, il “ragazzino” ghanese, dopo una stagione quasi in naftalina per uno strano quanto comprensibile stop alla sua crescita e maturazione da top-player dopo l’exploit della scorsa stagione.
Altre due storie che s’intrecciano in modo perfetto nel romanzo del campionato del Napoli, che non è i 77 punti ed il -4 dalla Juve, ma il racconto di un gruppo di giocatori che è diventato, quasi per osmosi naturale, il racconto della città e della sua gente verso un “sogno” non irrealizzabile con un uomo, Maurizio Sarri, a garantirne l’impegno totale fino all’ultimo respiro. Quel Sarri che è stato spesso accusato di non utilizzare abbastanza gli uomini della panchina e che ieri, proprio con due di loro ha ribaltato anche i giudizi ed i pregiudizi sul suo presunto integralismo di tecnico monotematico. La verità è che Sarri vuole qualità, qualità ed ancora qualità… Quella che ieri gli hanno dato un ragazzino del 98′, mai abbandonato, e un uomo di 24 anni già segnato dalla sfortuna ma non vinto.
Napoli-Chievo di ieri non è stata una semplice partita di campionato; è stata, a mio sommesso avviso, la “scintilla” scoccata all’improvviso
dopo 89 minuti, che farà lottare il Napoli e Napoli nelle ultime 7 gare con la stessa vis agonistica di quegli ultimi 4 minuti, recupero compreso. Con energie rinnovate e quella forza fisica e soprattutto mentale per lanciare il cuore oltre l’ostacolo e lasciare nulla d’intentato per gioire insieme alla gente del San Paolo e della città.