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Claudio Ranieri, tecnico della Sampdoria

di Marco Bruttapasta

Raccontare Claudio Ranieri, allenatore della Samp che stasera proverà a sfruguliare la mazzarella al redivivo Napoli di Gattuso non è una pazziella. Parafrasando Troisi da Mina’, è già stato detto “Ranieri è un uomo buono per tutte le stagioni, e poi è un gentleman, sempre più raro nel calcio di oggi?” E allora partiamo: romano de Roma, i veri segni da calciatore Claudio li lascia nel Catanzaro di Palanca e di un numero sette che giocherà con Zico, Platini e Diego prima di diventare spuntuto opinionista Sky, va a Catania con Di Marzio e prova il brivido della promozione in A con gli etnei, nel Catania che fece vincere il tredici a Lino Banfi, al Bar dello Sport, c’era anche lui. Ma è da allenatore che Claudio ha interpretato più ruoli, più facce di Tom Hanks. È partito da tecnico moderno,anche un po’ belloccio,capello nero svolazzante, dopo i primi approcci interessanti a Lamezia e Puteoli.

Lo prende il Cagliari, ma gli isolani non sono più lo squadrone di Gigirriva ma un Titanic affondato tra gli iceberg della C. I sardi ancora memori degli antichi fasti accolgono il nostro con l’entusiasmo con cui si riceverebbe una peperonata a prima mattina, ma Ranieri fa un duplice salto carpiato e porta i rossoblu in A. Nella massima serie il giovine sembra destinato a vita breve, pronti via e mazziatone dalla Inter dei tedeschi, ma alla seconda già si riprende vincendo a Fuorigrotta contro il Napoli di tricolore bardato. Alla fine resta in A Claudio, grazie a Fonseca e al principe Francescoli. Il suo Cagliari è squadra camaleontica, a Ranieri ridono gli occhi quando lo si fa notare e Ferlaino pensa a lui per il depresso Napoli del post Diego. Nel club azzurro Ranieri ha un’esperienza per certi versi analoga al fu Carlo da Reggiolo. Primo anno buono, quasi buonissimo,podio perso solo al fotofinish, Napoli un po’ allegro in difesa con Blanc libero, non ancora di baciare la capa gloriosa di Barthez ma di andare a segnare lasciando sguarnita la retroguardia, Zola fa il fenomeno fino a gennaio e Careca torna quello dei tempi belli. Il secondo anno un pianto. Tric trac subito sparati a Valencia, 5 reti di Fonseca, ma poi il Napoli diventa o ciuccio e’Fichella, perde sempre, ed è un’altra cinquina, questa volta al passivo, a determinarne la dipartita, dopo la goleada del Milan dell’ultimo Van Basten.

Poi è un continuo girovagare, un preparare le squadre ai successi altrui, va a Firenze, riporta in A i viola clamorosamente naufragati con Batigol e precede il Trap che con i gigliati quasi vincerà il titolo, va a Valencia e prepara il campo ai fasti di Cuper e Benitez, al Chelsea trova senza i soldi di Abramovich una semifinale di Champions, ma poi arriva il russo e trova Ranieri poco cool e ingaggia Mourinho, da Tinkerman a Special One, quando i soprannomi rendono l’idea.
E poi? Salva il Parma, scopre Pepito Rossi, va alla prima Juve di A post Calciopoli, va a Roma e potrebbe diventare quasi più famoso di Giulio Cesare, prende una squadra morta, la conduce davanti all’Inter per una rimonta scudetto impensabile, e poi sul più bello trova un altro dramma stile Roma Lecce, fermandosi per due guizzi del Pazzo Pazzini.

Lascia Roma, va all’Inter del traumatico periodo post triplete, un frullatore di tecnici nell’ultima era Moratti, poi Monaco dove prepara il campo allo scudetto di Jardim. Leicester dovrebbe essere un buen retiro e invece a poco a poco, tutte le grandi si suicidano e lui con un manipolo di carneadi vince il campionato più ricco e difficile del mondo grazie a un portiere figlio d’arte e figlio di buona donna, Schmeichel, un attaccante capa gloriosa come Vardy, un algerino fantasioso Mahrez, un regista che si chiama Drinkwater ma spesso Drinkbirra e tanti onesti operai.

Vince lo scudetto più impensabile dai tempi del Verona, tutti quella primavera diventammo tifosi del Davide Leicester e il resto è storia recente: Roma bis a portare in acque tranquille la Roma quasi Rometta e la Samp, dove ha già resuscitato una squadra fiaccata dalle recite clownesche del suo presidente.

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