E Gattuso continua nei suoi errori, di modulo e di scelta dei giocatori a dispetto delle osservazioni della critica
Che il Napoli andasse a vincere ad Udine lo abbiamo scritto esattamente sabato scorso su questo giornale. Dopo lo strazio Spezia era naturale che accedesse. Nel calcio questi risultati sono una prassi, lo sanno bene gli anziani che vi facevano grande affidamento quando si giocava la schedina. Ma non era naturale che la vittoria dovesse arrivare con le sofferenze con le quali si è concretizzata in Friuli. Ed ancor più innaturale ci è sembrato il penoso sforzo cui si è sottoposta la squadra per aver ragione, nel turno infrasettimanale di Coppa Italia, dei volenterosi ragazzini di un Empoli decimato dal Covid.
Queste ultime prestazioni sono la conferma del malessere che attraversa il Napoli, una squadra che ha smarrito la freschezza atletica e di gioco che in avvio di stagione le aveva permesso di conquistare esaltanti vittorie contro Atalanta e Roma. Quel Napoli non c’è più e chissà mai se riusciremo a rivederlo di qui alla fine del campionato.
Certo le vittorie aiutano e c’è la speranza che i prossimi due impegni (Fiorentina al “Maradona” e Juventus in Supercoppa) possano contribuire al miracolo di ridare sprint ad un manipolo di calciatori superpagati, che si lasciano intimorire, come spaesati esordienti, da qualsiasi tipo di avversario, sia il Milan e l’Inter, che il rabberciato Torino o, peggio ancora, lo spavaldo ma comunque debole Spezia. Parliamo di speranza perché, appunto, le ultime uscite non autorizzano certo prospettive più rosee. Gattuso poverino ci mette molto impegno e non a caso giovedì ha rinunciato all’allenamento per ritrovarsi a pranzo con tutti i suoi giocatori. Un momento di relax comprensibile, suggerito dal tentativo di comporre ancor di più un clima di empatia totale, necessaria premessa per tentare di risollevare il morale e quindi la classifica. Affidiamoci, per ora, alla serenità del convivio e alla buona stella.
Ma al di là di queste condivisibili intenzioni rimane sullo sfondo il problema di base, quello di un tecnico che ad oltre un anno dal suo arrivo, seppur meritoriamente artefice di una riabilitazione successiva allo sfascio di Ancelotti, non è comunque riuscito a dare un’impronta di gioco. E soprattutto che non è in grado di comprendere che alcune astruse scelte si stanno manifestando come le più deleterie.
Prendiamo ad esempio lo sfortunato intervento di Rrahamani che ha spalancato le porte al temporaneo pareggio dell’Udinese. Il giovane difensore kosovaro è stato additato come l’unico responsabile di quell’infausta incertezza. E invece, a ben giudicare, quel tenue retropassaggio è frutto di un sistema di gioco voluto proprio da Gattuso che, a dispetto delle osservazioni che gli vengono sottoposte, continua imperterrito a predicare la ripartenza dal basso e i mille sterili passaggetti, molti all’indietro, che non portano da nessuna parte. Anzi producono errori come quello di Rrahamani. E producono errori macroscopici, come quello di alternare Ospina e Meret, sul presupposto che il primo sappia giocare meglio con i piedi. Una bufala sesquipedale. Non si è mai visto, nel calcio, che un portiere debba essere più bravo di un altro con i piedi, visto che il portiere è chiamato ad essere bravo con le mani. E non si è mai visto, nel calcio, che un allenatore cocciutamente insista nel praticare un modulo schierando due centrocampisti (Bakajoko e Fabian Ruiz) assolutamente inidonei per quel compito.
Ma fossero solo queste le perplessità. Gattuso sta diventando un problema. E non solo per i risultati deludenti e per il gioco che la sua squadra esprime. Sta diventando un problema perché, per la seconda volta si è messo a sparare micidiali bordate, ricorrendo peraltro ad un eloquio scurrile, contro i rappresentanti del mondo della comunicazione. È recidivo, c’è ricaduto. Non gli vanno a genio gli attacchi che da più fronti, compreso il nostro, gli sono stati portati per la conduzione della squadra. Diremmo “stronzate”, come dice lui. E non è stata certo convincente la spiegazione che ha tentato goffamente di fornire, cioè che non si era rivolto ai giornalisti, ma ad un imprecisato ex direttore (di che cosa?).
La verità è che l’umile Gattuso che si è fatto avanti nel mondo del calcio a furia di gomitate, s’è smarrito. Il grande palcoscenico della serie A gli ha inoculato supponenza. Come allenatore è giovane ed inesperto. E non ha realizzato, ancora, che Napoli è una grande piazza, dove abbondano i “maestri”, che vedono e giudicano calcio da decenni e non ne possono più della sua perniciosa testardaggine.