Fioretnina–Napoli,
Una storia infinita che (forse) è finita sul più bello.
Un Napoli svuotato che a Firenze non gioca.
Quando le pagine girate sono molte di più di quelle ancora da leggere. Una caduta che è come un tonfo. Dopo trenta partite utili in trasferta che costituiscono un record da blaugrana. Confermata la tradizione che vuole il toscano Sarri raccogliere piccole viole sul campo di Firenze.
Un epilogo inatteso.
Dopo l’impresa di Turìn che aveva rimesso tutto in discussione. L’espulsione dell’eroe nero eversore della Juve ha certamente pesato, eccome. Ma il Napoli a Firenze non c’è mai stato. Vuoto nella testa e nelle gambe. È come se avesse dato tutto contro madama. E forse, psicologicamente in ginocchio, per come la madama l’aveva sfangata a Milano. Ma non è giustificabile.
Non è roba da Napoli-meraviglia arrendersi al destino avverso.
Si può lottare anche in inferiorità numerica, ma gli azzurri non hanno voluto (o potuto) giocarla un’altra partita da fino alla fine. Eppure il primo gol del Cholito era arrivato soltanto dopo una buona mezz’ora. E come? Su un rilancio alla carlona di Biraghi che ha trovato tutta la linea difensiva impreparata. Simeone in una prateria da Far West, inconcepibile. L’argentino che accetta i consigli del nonno che gli telefona dalla terra della pampa ha da solo mandato in frantumi la cristalleria (altro che difesa) piazzata davanti (si fa per dire) a Reina. In mischia da angolo la seconda rete, ancora in contropiede la terza. Il Cholito si porta a casa il pallone, altro che Chiesa, gli azzurri rientrano nella città tanto euforica (fuori tempo) con un carico di delusione enorme.
Eppure, la banda sarriana – e stavolta il termine non è elogiativo – era stata tenuta in partita dal promesso sposo al Milan cinese. Perlomeno tre le parate doc di Reina e non staremo qui a sottilizzare che il pallone del primo gol gli sia passato tra le gambe. E tutti gli altri avrebbero potuto anche prendere esempio da quel furetto di lotta, di governo e di cuore che risponde al nome di Allan. L’unico, insieme con Reina, che non s’è mai arreso. Che ha sempre creduto possibile che qualcosa di decente potesse ancora essere fatto. Nonostante il patatrac di Koulibaly. Impensabile che le conclusioni verso la porta di Sportiello siano state solo due e fiacche. Quel tiro a giro dalla bandierina di Mario Rui e quel sinistro così così di Mertens che era caduto ad inizio di ripresa. Per l’intera prima frazione, lo scugnizzo belga non l’aveva né toccata né vista. La sua presenza sarebbe stata più utile, immagino, da subentrante.
Ma Sarri è cocciuto, sempre.
Nel bene e nel male. Vincere a Firenze sarebbe stata la risposta sportiva ed etica da dare al mondo del calcio nostrano. Avrebbe avuto un significato enorme:
fate quello che volete, noi ci saremo sempre.
E così non è stato.