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Errori difensivi e cattiva sorte

questa volta niente rimonta

L’analisi. Prova opaca della retroguardia nella battuta d’arresto contro i giallorossi

Una scoppola terribile. Nel derby del sole giocato di notte. E che non si vorrebbe mai perdere. Giocato da un azzurro, solo contro tutti: Lorenzo Insigne, autore del sigillo che apre la partita e che era stata la risposta immediata al golazo di Dybala in coda alla brutta partita che Madama aveva vinto sul campo della Lazio. Tutto a posto? Niente affatto. Perché Alisson dirà di no per lo meno in altre otto occasioni alle stelle filanti del piccolo grande uomo di Frattamaggiore che s’era affettuosamente abbracciato con De Rossi, l’altro capitano, il campione che oppose il gran rifiuto all’omaccione della disfatta dell’Italia fuori dal mondiale: e che c’entro io, dobbiamo segnare e allora metti Insigne. Ricorderete certamente il siparietto recitato durante le battute finali di Italia-Svezia. I due capitani, entrambi hanno preso per mano le rispettive squadre. Lorenzo facendo di tutto, gol ed assist e tanto altro ancora. Daniele rendendo opache le intuizioni di Jorginho.

Un pizzico di cattiva sorte c’è stata, d’accordo, ma magari in altre circostanze la dea bendata s’era dimostrata benevola. E allora, non si può stare a frignare più di tanto. Il piedino di Mario Rui che innesca la palombella del pari di Under, va bene. Ma poi, il portoghese dimostrerà di essere out anche in altre occasioni, come il fantozziano tentativo di liberare in piena area con un colpo di tacco loffio e goffo. E difatti Perotti ringrazierà e imbucherà. Ma veramente zio Maurizio aveva creduto alla storia della Roma sulle ginocchia? Immaginiamo di no, perché sarebbe di una gravità eccezionale. La storia recente della squadra giallorossa è ben nota. Stenta in casa, ma fuori si ritrova. Anche nella coppa più bella dove potrebbe approdare ai quarti. E davvero ci s’immaginava di fare briciole di Dzeko che è uno dei più forti centravanti in circolazione in Europa? Un corazziere che va marcato e seguito in ogni suo movimento. Dov’era Albiol su quella palla indirizzata in area da Florenzi? Già, il drone dice che va guardata la palla. Solo che l’ha guardata anche Dzeko ed è arrivato prima, indisturbato. Con Reina spettatore non pagante. Un tentativo di volo, tanto per gradire, no? E chi avrebbe dovuto contrastare il bosniaco quando questi aveva deciso di slalomare e colpire a giro? Tutti in linea appassionatamente, pure Albiol e Koulibaly (Mario Rui non sarebbe dovuto stare lì, alle calcagna del corazziere).

Che scoppola. In una sola notte, bruciati record in negativo: le 4 reti incassate, addio linea Sigfrido; la seconda sconfitta in campionato, anche questa in casa; la Juve di nuovo vicinissima e con una partita da recuperare. Il febbrone di Hamsik non ci voleva, d’accordo. Ma c’era pur sempre Zielinski che un giorno sarà come De Bruyne ma che per il momento non è neanche il sostituto ideale del capitano con la cresta. Un gran bel giocatore il polacco ma che predilige corse e strappi e forse s’annoia a dover mettere insieme i lati delle figure geometriche che Sarri ordina. La Roma ha vinto con merito perché ha saputo esorcizzare i folletti. Perché ha impedito che gli scambi ravvicinati degli azzurri avessero sbocchi letali. C’è stato soltanto uno (Insigne) che non s’è mai arreso e che ha impegnato Alisson a più riprese neanche fosse l’orsacchiotto del luna park. Il portiere della nazionale brasiliana, cose da pazzi. Vale nulla il sigillo in chiusura di Mertens, se non per la classifica dei bomber. Un lampo di bellezza che però non dà abbastanza luce ad una prova opaca, con ammonizione.

Ora, si dovrà ripartire. Con rinnovata modestia e la solita grande bellezza. Questa era considerata la giornata spartiacque. In un senso o nell’altro. Possibile allungo dopo magari aver visto la cadiuta di Madama. O quel che è successo. Un’occasione d’oro gettata alle ortiche. Perché la Juve all’Olimpico era imbottita di terzini e medianacci, perché ha l’infermeria stracolma. E le è bastato il gol sivoriano di Dybala per incamerare tre punti nei quali Allegri non credeva più. A proposito di infermerie, bentornato Milik. Serviranno anche i gol del polacco nell’orticello di casa per tenere vivo il sogno. Tutto è ancora possibile. Abbattersi più del dovuto, immaginare foschi scenari, rifugiarsi nella nuvoletta del disincanto sarebbe più deleterio di una sconfitta non annunciata.

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