Il punto. Il Napoli di Sarri cade dopo dieci vittorie di fila: ora deve imparare ad essere “normale”
Un pensiero commosso è doveroso rivolgerlo a Davide Astori e la riflessione conseguente è che la vita di ognuno così come fatti e circostanze della vita sono regolati da un destino, da una sorte imperscrutabile che non ci è dato conoscere. E in fondo, venendo alle nostre miserie umane, Napoli – Roma è stata decisa come sempre, come tutto, da Lei. Lei, maledetta o benedetta è sempre presente. Hai voglia di parlare di mentalità vincente, pressing e raddoppi, densità a centrocampo, difesa alta o bassa. Lei è sempre presente, ondivaga e capricciosa pronta a decidere, spesso ingiustamente, le sorti di un incontro. Lei è la signora sorte, calcisticamente la dea Eupalla di breriana memoria, che sabato ha deciso che doveva essere il giorno fortunato per Juventus e Roma e quello sfortunato di Napoli e Lazio. Dire perciò se il gol di Dybala al 93’ ha condizionato la testa degli azzurri nella gara contro la Roma è ragionamento non solo ozioso ma anche, se mi è concesso, sciocco. Perché il Napoli dopo appena 6’ di gioco aveva già sbloccato la gara.
Dunque? Forse, paradossale ma non improbabile, proprio la rete di Insigne ha nuociuto al Napoli, sicuro, dopo aver sbloccato il risultato di avere una partita in discesa contro una squadra da troppi data in crisi. Ed invece l’uno- due giallorosso ha stordito gli azzurri. Da quel momento è stata un’altra partita, con il Napoli che, senza eccellere, ha fatto il Napoli, seppure a tratti, mentre la Roma è diventata una super-Roma come non si vedeva da tempo: tutti per uno e uno per tutti, con uno Dzeko monstre, uomo ovunque e goleador e Strootman, De Rossi e Nainggolan ad aiutare come mai una monumentale maginot difensiva con Fazio e Manolas sugli scudi, un Allison versione Superman e nonostante le sofferenze di Florenzi contro un Insigne da stropicciarsi gli occhi. Umiltà e concentrazione, grinta ed orgoglio sono state le armi di una Roma che è dotata di grandissime individualità che al San Paolo hanno tirato fuori il meglio del loro repertorio tecnico ed agonistico per battere un Napoli al quale, occorre sottolinearlo, la fortuna ha girato la testa dall’altra parte. Mi preme sottolinearlo: a mio modesto avviso i meriti della Roma, dea Eupalla compresa a favore, sono stati superiori ai demeriti del Napoli. Subita la rete di Insigne, infatti, la squadra giallorossa, complice anche il gol del pareggio subito trovato, s’è compattata su due linee molto strette per evitare di concedere profondità agli azzurri, trovando in Dzeko un giocatore in grado di fare reparto da solo ma anche il rifinitore e soprattutto in Under e Perotti gli esterni capaci di trovare gli spazi giusti per ripartire in contropiede e tenere in allarme costante la difesa di Sarri.
Volendo trovare un’insufficienza al Napoli, va sottolineata la mancanza del solito apporto dei centrocampisti in fase di non possesso. Zielinski è stato impalpabile, Jorginho molto più lento e spesso in ritardo nel chiudere le linee di passaggio romaniste ed Allan spesso impegnato in duelli singoli più che ad aiutare i compagni di reparto, proponendosi in attacco senza costrutto reale. E se Allison è stato un altro valore aggiunto per i giallorossi, Mario Rui è stato l’uomo simbolo della giornata sfigata del Napoli. Senza volerlo e senza demeriti particolari tranne che in occasione del quarto gol il portoghese, dopo aver fornito ad Insigne l’assist per il gol dell’illusorio vantaggio, ha inanellato la seguente serie di “perle”: 1) deviazione decisiva e sfortunata sul tiro di Under che ha messo fuori causa Reina; 2) uscita in ritardo sul cross millimetrico di Florenzi per la testa di Dzeko che ha ribaltato il risultato; 3) perdita di appoggio con relativa scivolata, forse decisiva, nel tentativo di opporsi a Dzeko in occasione del terzo gol romanista; 4) assist di tacco volante, in piena area di rigore, a favore di Perotti che ha realizzato il 4-1. Sia chiaro che abbiamo preso Rui come emblema della giornata no degli azzurri e non certo per metterlo sul banco degli imputati, ma va detto che tutto l’assetto difensivo della squadra ci è sembrato ben lungi dall’essere disposto come avrebbe dovuto per evitare a Reina di essere uccellato senza colpe specifiche. E comunque è andata come è andata e c’è poco da recriminare o rimpiangere.
Dopo 10 vittorie, la speranza è che questa sconfitta, sia archiviata in fretta come fatto “normale” e serva da nuova lezione per migliorarsi ancora, senza portare strascichi psicologici per la trasferta di domenica sera al Meazza contro l’Inter, altra formazione pericolosissima. Calma, una rinnovata autostima, lucidità e coraggio; occorre avere queste risorse, adesso, per non smarrirsi proprio nella fase finale e più delicata di un campionato fantastico. E soprattutto occorre avere fiducia in se stessi e nel gruppo. Quella fiducia che i tifosi, nonostante la sconfitta, hanno dimostrato agli azzurri tributando loro un lunghissimo e calorosissimo applauso con tanto di cori al triplice fischio di Massa. Una fiducia che merita di essere ricambiata in nome di un calcio che non deve necessariamente stupire per portare alla vittoria, ma deve essere bello, pulito e giocato con la voglia di divertirsi e divertire, magari con il favore della dea Eupalla. In fondo, come cantava Dalla, “l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”. Napoli, il Napoli ed i napoletani -Sarri compreso – devono imparare ad esserlo!!