Home Calcio Napoli Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Questo disgraziatissimo girone di andata volge al termine con un bilancio catastrofico che ha tante spiegazioni e tanti responsabili ma, benché le dimensioni del “dramma” siano ben più ampie di quanto la peggiore delle Cassandre potesse vaticinare, che sarebbe arrivato un periodo di “transizione” era comunque un’ipotesi più che plausibile. La propensione del nostro popolo allo psicodramma così come quella all’esaltazione non è mai stata un buon alleato per l’eventuale via d’uscita da questo ipotetico pantano, divenuto reale, il che rende davvero arduo lasciarsi andare all’…

 

OTTIMISMO: Al momento è più probabile trovare tracce di Atlantide che scorgere dei segnali su cui costruirsi qualche speranza, se non fosse che quei 20 ragazzi li abbiamo visti al loro meglio e sono decisamente dei giocatori fortissimi. D’accordo l’alchimia dello scorso anno accompagnata da una insperata congiuntura astrale, ma se è vero che da brocchi si può diventare campioni, il percorso inverso non esiste se non per incidenti gravissimi (Ghoulam), o per instabilità mentali di varia specie (Balotelli). Eventi rarissimi in ogni caso. Che 20 giocatori, tra cui non uno ma due candidati al pallone d’oro, diventino improvvisamente e contemporaneamente le mezze seghe che sembrano oggi, non può che essere un’ipotesi illogica. Il punto è che per far riaffiorare quel misto di talento e voglia capace di trasformarsi in magia e riportare questa banda di paese al livello dell’orchestra sinfonica che fu, serve un vero e proprio…

 

MAESTRO. Diciamo pure che sarebbe servito Von Karajan ed invece è arrivato Antonio Scannagatti. Siamo perfettamente consapevoli tutti che non si poteva sperare di avere il meglio perché a stagione iniziata il meglio è già impegnato e se non lo è non prende in mano progetti costruiti da altri. Quindi il ripiego Mazzarri è stato più la speranza di dar corso ad una sorta di autogestione che una soluzione al problema dell’allenatore. Sicuramente dopo l’operazione di demolizione psicologica operata dal suo predecessore defenestrato, la figura del buon padre di famiglia capace di fare “pat-pat” sulla spalla dei calciatori moralmente smatellati quando manco avevano fatto il ruttino dopo lo spumante dei festeggiamenti, era una componente da portare in dote. Bene la consulenza psicologica che ha saputo fornire ai calciatori demotivati, ma sarebbe stata utile anche una qualche vaga forma di apporto tecnico e soprattutto tattico. Per tirarli su di morale a chiacchiere bastava mandarli in analisi. Non c’è stata una sola novità tattica che fosse una da quando il mazzarrone si è insediato. Ha penosamente tentato di farli giocare con il modulo di Spalletti con risultati meno che mediocri, visto che ha dimenticato di metterci due elementi che l’allenatore campione usava in maniera maniacale. Il pressing alto e la circolazione di palla veloce. Ed ora la possibilità che le cose vadano sempre peggio è più che realistica e questo si dimostra ad ogni partita di più, con un’ormai solidificata…

 

TENSIONE. Ormai sembra una spirale da cui nessuno riesce ad uscire. Kvara, Osimhen, Di Lorenzo, Lobotka, Meret, Raspadori e Simeone, sembrano la versione sotto Fentanyl di quelli dello scorso anno. Zielinski dopo l’iniezione di affetto per la sua scelta “di cuore” (perdonatemi le virgolette ma su questo modo di raccontare la permanenza “per amore di Napoli” ho delle sostanziose e ragionate riserve, benché voglia molto bene al ragazzo da sempre), non essendo riuscito a ergersi a trascinatore nonostante un inizio eccezionale, sembra si stia lentamente adeguando alla mediocrità. Il migliore di questo inizio anno per distacco sembrava instancabile e capace di reggere qualsiasi tipo di urto ed invece si è dimostrato UN PIRLA. Essere arrivati sullo 0-0 al 66mo contro una Roma mai più scarsa di questa dai tempi di Scarnecchia, era già motivo di somma vergogna. Aver trasformato una partita imperdibile in una partita persa per un atto da Nobel della minchionaggine è una colpa imperdonabile. Niente alibi, niente arbitri. La partita l’ha persa lui: Matteo Politano. Ci può stare. Per l’impegno che ci ha messo fino ad ora avrebbe perfino potuto fare di meglio… ma noi siamo contro ogni forma di violenza.

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