Home Calcio Napoli Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Dammi tre parole: il focus sulla settimana azzurra in tre definizioni

Stamane il cervello ha fatto parecchi giri a vuoto nella ricerca di qualcosa di sensato che non avessi già declinato in tutte le salse per spiegare questo ennesimo paliatone preso senza più neanche la scusa dell’allenatore incompetente tanto cara a quella massa informe pronta a generare spiegazioni pronto-uso. Mi è venuto in soccorso un amico che mi ha posto una domanda molto precisa che ho trovato più che pertinente: come mai dall’inizio dell’anno giochiamo partite di 50/60 minuti e poi ci mettiamo di impegno a mandare tutto in vacca, riuscendoci con una buona percentuale? Sulla risposta a questa domanda, partendo dalle due paccariate prese in 5 giorni, si concenteranno le tre parole di oggi.

 

SERENITA’. Questa parola si lega a doppia mandata ad un punto specifico dello schieramento del Napoli edizione 23/24. Ho già sottolineato in più occasioni negli ultimi tempi quanto sia straziante per me dovermi rassegnare a questa idea, ma purtroppo non riesco più a togliermi dalla testa che per Meret il destino sia segnato. Quando 5 anni fa si aggregò alla squadra e fece vedere subito le sue eccellenti capacità tra i pali, si intravedeva un futuro decennale di altissimo livello. In molti pensammo che il Napoli avesse messo la spunta definitiva ad una casella delicatissima come quella dell’estremo difensore. Poi è arrivato Gattuso, il più scarso tra gli allenatori del Napoli degli ultimi vent’anni che, complice il mazzo di aver trovato un rincalzo che si è poi rivelato impeccabile (Ospina), ha cominciato a minare le sicurezze del nostro giovane portiere, instillandogli dubbi sulle sue capacità. Dubbi dai quali il ragazzo non si è mai più ripreso. La sua sopraggiunta insicurezza lo ha portato ad un passo dall’uscita di scena nel periodo di preparazione al campionato trionfale edizione 22/23. Rimasto per pura casualità, vuoi per spirito di rivalsa, vuoi perché parte integrante di un meccanismo perfetto in ogni reparto, ha fatto la sua onestissima parte per contribuire all’apoteosi.

Poi è arrivata per tutti la crisi di appagamento, che porta notoriamente con sé dei cali di concentrazione clamorosi in tutti i reparti. Ma poiché lui fa reparto da solo, ecco che ci si riaggancia alla domanda del mio amico: se Meret gioca da gran portiere per 60 minuti e per 30 fa quelle due/tre cappelle, il rischio di prendere il gol si innalza a certezza. Col Real ha fatto parate eccellenti e alla prima cazzata si è fatto bucare in una parata molto più difficile da sbagliare che da fare per bene. Con l’Inter nessuna colpa sui gol, ma la costante, inestinguibile sensazione di incertezza ogni volta che la palla passava dalle sue parti, soprattutto quando si trattava di partecipare alla costruzione del gioco. Meret ha irrimediabilmente perso la serenità ed il suo essere la quintessenza della brava persona, lo pone in una situazione problematica per due motivi, entrambi fondamentali per il suo equilibrio mentale e per la stabilità tecnica della squadra: non ha le sovrastrutture caratteriali per reggere il peso di un tifo ipercritico e volubile come quello napoletano e soprattutto, non gli consentirà mai di essere il leader assolutamente necessario per comandare una difesa, ancor più se traballante, come è quella del Napoli di quest’anno. Gollini è l’opposto di Meret, guascone e gradasso. All’Atalanta e alla Fiorentina ha mostrato dei limiti caratteriali non da poco, contestando il fatto di essere stato messo in discussione da portieri meno forti di lui, ma da oltre un anno sta facendo alla perfezione panchina e spogliatoio come raramente succede ai portieri di riserva. Quando è stato chiamato in causa ha risposto “presente”. Sarebbe quindi ora di testarlo anche per comprendere se, tra le tantissime cose da andarsi a cercare per il prossimo anno, ci sia anche il portiere titolare. Personalmente scommetterei su di lui.

 

COPERTURA. Una cosa che da molti anni non si percepiva come un problema era la capacità di rinserrare i ranghi nella fase difensiva. Da Sarri a Spalletti, la difesa è sempre stata granitica e la densità a centrocampo un caposaldo. Quest’anno è in questa caratteristica che si è persa totalmente la bussola. Quindi anche in questo caso, finché si va a memoria e si riesce a pressare e muovere velocemente la palla, il problema è abbastanza arginato. Ma anche qui, quando il calo di concentrazione fa capolino, compaiono delle voragini nella propria metà campo, che contro le squadre di livello si trasfomano 2 volte su 3 in gol per gli avversari. Ecco spiegati i 17 gol presi in 14 partite, ma soprattutto i 12 gol in 7 partite presi in casa, dove l’ansia da prestazione cresce e la concentrazione ne risente.

 

FLOP. Kvara, Di Lorenzo, Osimhen, ovvero i nostri tre top players sono, buon peso, al 50% del livello dello scorso anno. Il primo non salta più neanche le sagome di cartone, il secondo avrebbe bisogno di un sacrosantissimo riposo dopo tre anni senza saltare una partita giocando sempre a livello altissimo, il terzo tra scazzi contrattuali, infortuni e cacamenti di cazzo familiari praticamente è un fantasma.

 

Per rispondere alla domanda del mio amico direi che basterebbe la metà della metà di quello che ho elencato. Con un portiere scoraggiato, una difesa e un centrocampo con passaggi a vuoto inconcepibili ad alto livello, e con i nostri top players a mezzo servizio, riuscire a giocare bene 60 minuti su 90 è già tanta roba. Quest’anno sembra che ci tocchi questo, salvo miracoli. Ma passerà

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