Ci eravamo lasciati con l’auspicio che Mazzarri si dimettesse dignitosamente. Alla dignità ha preferito il vil danaro e per questo nessuno potrà biasimarlo visto che la dignità, purtroppo, ha una posizione nel ranking delle caratteristiche morali della specie umana piuttosto secondaria ed è un perfetto termine di paragone per la squadra di cui scriviamo quest’anno.
PRESIDIO: ormai il presidio della metà classifica è stato appaltato al Napoli e poche restano le possibilità che questa situazione cambi. La scelta di Calzona come sostituto ci è sembrata l’unica percorribile senza dover mettere a bilancio una inutilissima voce di spesa milionaria, che sarebbe comunque servita ad una corsa disperata con scarsissime probabilità di successo. Calzona ha la dotazione-base di competenza per cercare di risvegliare le abilità tramortite dei sopravvissuti dello scudetto, che a loro volta potrebbero innescare un moto di orgoglio degli ormai numerosi nuovi acquisti che tutto sono tranne che scarsi. Ma Calzona, pur essendo un buon allenatore con idee molto simili a quelle dei suoi mentori (Sarri, Spalletti, Di Francesco), non può (come non potrebbe nessuno al suo posto) riportare i nostri calciatori a rendere al 100% con uno schiocco di dita. Toccherà soffrire ancora, probabilmente senza arrivare ad alcun risultato al termine di questa stagione disgraziata, accumulando tossine sotto forma di calciatori scontenti, tifosi incazzati, giornalisti pronti a rimestare il merdone per alimentare il disastro. Già, perché il disastro vende bene, per tutti.
ROTTA: la Champions, ora possiamo dirlo, è definitivamente tramontata (servirebbero 31/32 punti in 13 partite, quindi in pratica servirebbe il Napoli dello scorso anno, più precisamente servirebbe l’allenatore dello scorso anno e i calciatori dello scorso anno, vivi). Qualche barlume di speranza resta per le altre due competizioni europee (dove di punti ne servirebbero circa 25 su 39) ma decisamente ci si avvia verso una annata fallimentare a 360°. Come già detto a più riprese, questo non è nulla di mostruosamente drammatico e dovremmo anche essere abituati a sostenere questo genere di fallimenti visto che le mensole della nostra bacheca non sono poi così in pericolo di crollo per sovrappeso. Ragionare e costruire in prospettiva è la regola d’oro. Il problema è che il tifoso non “muove”, non può cambiare lo stato dell’arte ed è costretto a limitarsi a sperare che accada quello che tutti desiderano, un cambio di rotta immediato. Il compito di rimettere insieme il giocattolo e ritornare ad un livello accettabile di competitività spetta tutto alla società. Chi ha la pazienza di leggermi, sa che da queste parti si è tra quelli che hanno una considerazione del presidente (in quanto manager) piuttosto alta. Il massimo della messa in discussione delle sue azioni da “padrone del vapore” riguarda certi comportamenti davanti ai microfoni, ma quasi nulla dei suoi tanto discussi metodi di gestione ci è mai parso privo di costrutto. Su questa base andrebbero stretti gli appigli per convincersi che si troverà il modo di uscire dal pantano anche questa volta.
INCOGNITA: l’enigma che potrebbe rivelarsi fatale sta nella novità assoluta di trovarsi per la prima volta in vent’anni di ADL a gestire il crollo della parabola. Nel grafico dell’era Aureliana, in crescita pressoché costante, si è toccato il punto più alto lo scorso anno, per precipitare a quello più basso in questa stagione (il precedente tonfo più consistente fu quello dell’accoppiata Ancelotti/Gattuso nella stagione 19/20 che nel disastro totale portarono comunque ad una qualificazione comoda in Europa League e soprattutto a vincere la Coppa Italia). Insomma la prova del fuoco per il presidente sarà esattamente questa. Riuscirà a sfruttare questi sei mesi che ci separano dalla prossima stagione per rimettere a posto tutte le pedine ripartendo di nuovo da zero? Certo, non è lo stesso “zero” da cui ha risollevato il Napoli del 2005, ma quel punto non è più contemplato nemmeno nella mente dei più ottusi A16 odiatori del “pappone-magliaro-romano”. Ma soprattutto, comincerà finalmente ADL a prendere in considerazione l’idea di non essere eterno, abbandonando l’approccio a conduzione familiare per cominciare a circondarsi di persone in grado di assumersi delle responsabilità un po’ più consistenti di quelle che vengono demandate oggi (sostanzialmente la direzione sportiva e l’ufficio stampa sono gli unici “esterni” alla famiglia)? Non vorremmo ritrovarci a dare ragione alle decine di persone con cui ci siamo presi le “meglio questioni” per anni e rassegnarci all’idea che questi quasi vent’anni di storia siano stati una corsa verso UN traguardo e non la Rivoluzione definitiva per portare la squadra nelle posizioni di comando a tempo indeterminato. Ci crediamo ancora. Ci toccherà aspettare almeno un anno per saperlo. A noi tifosi, purtroppo, spetta solo incrociare le dita