Ci sono momenti, nella vita come pure nello sport, che giustificano tutto il resto. Nello sconforto e nella paura di queste ore scandite da ricordi di ancestrali tragedie umane causate da epidemie nate come dal nulla, esistono pure situazioni positive che devono indurre a pensare positivo per il futuro dell’intero genere umano.
E, venendo a cose di natura gran lunga meno impegnative, parliamo del Napoli che, nello sconforto di questa stagione schizofrenica, sembra aver ritrovato tra Cagliari e Brescia la continuità smarrita, facendo dimenticare le occasioni non sfruttate, i gol e i passaggi sbagliati all’ultimo tocco ed anche i molti bocconi amari dovuti ingoiare per decisioni sfavorevoli di arbitri e Var. E questi momenti, che ti tornano a riempire il cuore di gioia e di speranza, possono arrivare solo quando si pensa, ed è capitato contro il Lecce, di aver toccato il fondo e proprio non speravi più di rialzarti.
Il gol di Chancellor, sull’ennesima indecisione di una difesa che contro le squadre di rango inferiore diventa una specie di burro fuso, aveva risvegliato i fantasmi riapparsi contro il Lecce, cancellati dalla notte di San Siro per 94 minuti. È allora che pensi: si perde pure questa partita. Senti che non hai speranza perché vedi una squadra svogliata, lenta con un possesso di palla sterile e tu, Maradona, CR7 o Messi, in squadra non ce l’hai. Però non hai fatto i conti con l’anima di Gattuso, la sua natura di guerriero vero che… ringhiando, deve averne dette quattro ai suoi ragazzi, richiamandoli ad un impegno e ad un diverso atteggiamento alla ripresa del gioco. Cuore e grinta, maggiore decisione e velocità ed ecco che il Napoli si è trasformato grazie ad un Gattuso che, forse trovando un compromesso anche con se stesso, ha modificato qualcosa nell’assetto del Napoli. Perché quando ha liberato Fabian Ruiz dai compiti di interno di sacrificio restituendogli 20 metri di libertà più avanti, dandogli la possibilità di affacciarsi con continuità nella trequarti bresciana, il Napoli ha cambiato gioco e passo, ribaltando risultato e vincendo la partita anche grazie alla posizione di un Insigne che s’è offerto, da capitano, a svariare su tutto il fronte pur partendo da sinistra e lasciando spazi liberi ora ad Elmas ora a Mario Rui.
E dietro a questi due s’è svegliata dal torpore l’intera squadra, da Di Lorenzo a Mertens a Demme, cominciando a macinare gioco e a randellare palloni con efficacia e determinazione. Non è solo la vittoria di Brescia che conta. Quello che ha ridato speranza e un pizzico di ottimismo per la gara di domani sera contro il Barcellona è che il Napoli c’è, quando deve e quando vuole esserci, contro qualsiasi tipo di avversario. Il segreto di Gattuso? Le persone giuste al posto giusto. E se si riesce a vincere una partita giocando bene solo 45’, va bene così, si può essere soddisfatti. Perché se si vince e si riesce a gestire una partita diventata d’improvviso in salita, corricchiando senza mai dannarsi troppo atleticamente contro una squadra con l’acqua alla gola e provando soluzioni alternative, vuol dire che questo Napoli può ancora crescere e migliorare. In tal senso il campionato può diventare un esercizio utile per la Champions e anche per la Coppa Italia.
Dopo Brescia, in ottica Barcellona, Gattuso ha ottenuto un triplice risultato: ha rimesso la “chiesa” Napoli al centro del villaggio Europa, ha visto sbloccarsi Fabian Ruiz, che negli ultimi tempi rischiava di diventare l’oggetto misterioso e talvolta ingombrante della squadra, ed ha testato soluzioni alternative al 4-3-3 quasi a voler aumentare la possibilità di soluzioni per la squadra. Perchè il 4-3-3- resta lo spartito di base ma Gattuso ne sta provando altri, magari senza dare troppo a vederlo a criticoni e opinionisti da scrivania, a gara in corso, mettendo una punta davanti a due più dietro e centrali, con tre centrocampisti d’appoggio di cui uno è il difensore di fascia, destra o sinistra che sia. Sono semplici varianti, ma sono anche idee di un tecnico che sta studiando per migliorare la squadra e se stesso e che meritano di essere provate per non snaturare quello su cui ha lavorato e la squadra gli ha chiesto.
Domani sera, nella notte delle stelle al San Paolo, potrebbe brillare quella del Napoli, come collettivo, al cospetto di un Barcellona con molti solisti che Quique Setien, profondo estimatore di Pep Guardiola, sta cercando di far diventare nuovamente collettivo forte e dai mille spunti, ma con un Messi in più. Per l’argentino sarà la “prima” nel tempio che fu di Maradona. Paragoni impossibili tra i due, ma Diego ci metta del suo per evitare che Messi sfoderi domani una giocata di quelle che infiammarono Fuorigrotta. E non s’arrabbi se Mertens lo imiterà…