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La puntura di spillo – A Napoli così ti fanno la quarta dose

Nei giorni più cupi della pandemia, quando in tv mandavano le immagini dei camion dell’Esercito che trasportavano le bare con i morti di Bergamo, la Campania era quasi un’isola felice. La minaccia del lanciafiamme aveva sortito i suoi effetti. Ed anche la successiva partentesi dell’inoculazione della prima dose di vaccino fu organizzata in maniera quasi ottimale, nonostante l’assalto e il grande numero di richiedenti.
Non altrettanto si può dire dell’oggi. Oltre le ASL, le farmacie e i medici di famiglia per la quarta dose è in funzione, a Napoli, solo il centro vaccinale della Fagianeria di Capodimonte. Un posto bellissimo (sempre grazie ai Borbone), ma in capo al mondo e assolutamente irraggiungibile, se con l’auto propria.
Arrivi e non puoi entrare, devi parcheggiare all’esterno, nella ristretta piazzetta antistante. Se i numeri saranno quelli attuali va pure bene. Ma se la richiesta dovesse subire un’impennata sarebbe un bel problema.
Comunque entri a piedi e ti fermano i vigilantes. Alt, non si può andare da soli, viene la navetta. Bah, sono trecento metri appena.
Aspetti tre-quattro minuti e arriva la navetta. Anzi no, è una comune berlina, “targata” Asl e guidata da un addetto, rigorosamente senza mascherina. Ti fa salire e ti accompagna. Trenta secondi in tutto. Grazie, ed ecco le incombenze burocratiche. Non ci sono altri vaccinandi, sei solo. Quasi ti accolgono con gli applausi. Pochissimi minuti ed eccoti la quarta dose. Un amen, evviva. Devi attendere il classico quarto d’ora di prudente decantazione. Ti siedi in una sala accogliente, continui a rimanere nella tua (non) splendida solitudine. Passa il quarto d’ora, fai cenno al vigilante, che si attacca al walkie talkie e chiama la navetta (si fa per dire). Sta arrivando. Trascorrono cinque minuti e la navetta (si fa per dire) non arriva.
Rifai cenno al vigilante, che richiama la navetta (si fa per dire). Passano altri cinque minuti e la navetta (si fa per dire) non arriva. E sono dieci. Nuovo intervento del vigilante. Ma devi attendere ancora altri cinque minuti. E sono quindici in tutto. Finalmente arriva, trafelato e imprecante. Il vigilante accenna a un rimbrotto e lui scompostamente: “Ma che vulite, sto facenn annaz ‘e arete!”.
Annanz ‘e arete? Per me solo? Bah. All’interno della navetta (si fa per dire) è ancora senza mascherina. Gli chiedi il perché di tutto questo ambaradan. E lui: “E’ vietato arrivare a piedi, possono cadere gli alberi!”. Davvero? E gli alberi non possono cadere anche sulla navetta (si fa per dire)? E non sarebbe meglio chiuderlo questo centro pericoloso e spostarlo altrove, in un posto dove non c’è bisogno di navetta? Ahi, De Luca, la sanità in Campania non è esattamente come la descrive lei.
Zac
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