Errore medico: quando c’è il risarcimento

Lo Studio Rubinacci-Molaro spiega la normativa che regola la responsabilità sanitaria

Con l’articolo di oggi lo Studio legale degli avvocati Giovanni Rubinacci ed Andrea Molaro, si occupa della tematica del risarcimento del danno derivante dall’errore del medico commesso in proprio dall’operatore sanitario o nella più articolata organizzazione della struttura sanitaria presso la quale la prestazione sanitaria è stata praticata.

La materia è stata innovata dalle norme sulla responsabilità sanitaria introdotte dalla legge n. 24/2017, cosiddetta Gelli/Bianco, con una diversificazione netta tra la responsabilità della struttura sanitaria ovvero del singolo operatore sanitario con la conseguente distinzione dell’applicazione del termine quinquennale o decennale per la prescrizione del diritto al risarcimento del paziente, ovvero, in caso di decesso di quest’ultimo, dai congiunti aventi diritto. La citata riforma, mutuando i principi della giurisprudenza civilistica maggioritaria, ha sancito definitivamente che nel caso in cui l’azione di risarcimento sia indirizzata contro la struttura sanitaria pubblica o privata per limiti organizzativi e/o strutturali ovvero per l’errore di operatore sanitario, anche se scelto dal paziente e non dipendente della struttura stessa, ad essa va imputata la responsabilità “contrattuale” di cui all’art. 1218 c.c., che trae origine dal contratto diretto paziente/struttura (cd. contratto di spedalità) con la possibilità di esercitare il diritto al risarcimento entro il termine ordinario di dieci anni dall’evento dannoso. Di contro, laddove la contestazione di mal practice sanitaria sia indirizzata direttamente al medico questi risponde del proprio operato secondo le regole della responsabilità cosiddetta “aquiliana” di cui all’art. 2043 c.c. con la possibilità di esercitare il diritto al risarcimento nel termine prescrizionale più breve di soli cinque anni. La nuova disciplina rappresenta rispetto al passato una assoluta novità anche per la posizione gerarchica della Legge nella gerarchia delle fonti normative. Fino all’approvazione della Legge Gelli-Bianco la responsabilità professionale derivante dall’errore medico, sia che fosse imputabile alla struttura sanitaria che al singolo professionista, soggiaceva infatti al termine ordinario di prescrizione decennale. Dal primo aprile 2017, invece, l’applicazione del termine breve quinquennale dettato dalle nuove norme concede un minor tempo al paziente, o ai familiari per il danno parentale in caso di decesso, per la tutela del diritto al risarcimento quando questi agiscano direttamente nei confronti del solo medico ritenuto professionalmente responsabile del danno.

Pertanto ogni valutazione sul merito della condotta professionale del medico e/o della struttura sanitaria, con i riflessi della diversa qualificazione della responsabilità, necessita di maggior attenzione e tempestività per evitare lo spirare di ogni possibilità di ricorrere alla giustizia. Esempio tipico della applicazione della nuova disciplina è la recente decisione della Corte di Cassazione Civile (sentenza n. 21404/2021) con la quale gli Ermellini hanno acclarato che la responsabilità della struttura sanitaria per i danni da perdita del rapporto parentale, invocati “iure proprio” dai congiunti di un paziente deceduto, è qualificabile come extracontrattuale, dal momento che, da un lato, il rapporto contrattuale intercorre unicamente col paziente, e dall’altro i parenti non rientrano nella categoria dei “terzi protetti dal contratto”, con la diretta conseguenza dell’applicazione del termine breve quinquennale di prescrizione alla tutela del relativo diritto azionato, pena la prescrizione e lo sbarramento di qualsiasi attività di tutela dei diritti del danneggiato. Tuttavia, a tutela degli aventi diritto nel regime transitorio, il Legislatore ha previsto che le norme sostanziali della legge Gelli/Bianco, non sono applicabili retroattivamente, dunque non possono applicarsi a fatti avvenuti in epoca antecedente all’1/4/2017, data di entrata in vigore della Legge, per i quali continuerà a farsi riferimento alla legge vigente all’epoca dei fatti.
Tanto ha chiarito la Corte di Cassazione, nelle celebri sentenze di “San Martino”, un decalogo di sentenze emesse nel 2019 dalla III Sezione civile in funzione nomofilattica in materia di responsabilità civile medica.