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Aterosclerosi, cuore a rischio con la “malattia delle vetrine”: più di 3mila casi in Campania

I danni del Covid: -50% di ricoveri e boom di eventi avversi

Le ospedalizzazioni sono crollate, gli eventi avversi sono schizzati alle stelle. Ecco le principali conseguenze della pandemia in Campania sull’arteriopatia obliterante periferica, una forma di aterosclerosi localizzata alle arterie delle gambe che colpisce oltre tremila persone nella Regione. Viene comunemente chiamata anche “malattia delle vetrine” perché chi ne soffre tende a fermarsi spesso mentre cammina, con la scusa di guardare i negozi, ma in realtà è solo per alleviare i dolori molto forti agli arti inferiori ed è una patologia in forte crescita (+23% in 10 anni). Secondo un recente studio pubblicato su Vascular Medicine e condotto durante il primo lockdown su 453 pazienti con forma avanzata, i ricoveri sono diminuiti del 50% mentre sono aumentate del 29% le conseguenze più gravi, cioè le amputazioni dell’arto colpito. Tutto ciò proprio per una malattia in cui la diagnosi precoce può invece essere fondamentale. Nonostante i problemi del Covid, la Campania è la prima regione italiana a poter contare su un “Network per la PAD” (dall’acronimo inglese per Peripheral Artery Disease), sedici strutture sanitarie specializzate, distribuite nei principali capoluoghi della regione. Ciascuna in collegamento con l’altra, in modo da creare una rete capace di curare al meglio questa malattia diffusa e poco nota, subdola, pericolosa, eppure decisamente sottostimata. Il network è nato su iniziativa del Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate dell’Università Federico II di Napoli. Di arteriopatia periferica obliterante (PAD) si parlerà nel corso del convegno “The adherence to medical therapy after lower extremities artery disease revascularization”, che si terrà al centro congressi dell’Università Federico II di Napoli il 25 novembre.

“Negli ultimi dieci anni il numero complessivo degli individui che soffrono di questa ‘malattia delle vetrine’ è aumentato del 23% – osserva Giovanni Esposito, presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), professore ordinario di Cardiologia e direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli – e si prevede che il tasso di crescita continuerà a salire, a causa dell’aumento del numero di pazienti diabetici e fumatori, nonché dell’invecchiamento della popolazione. Nonostante i programmi di prevenzione e sensibilizzazione, infatti, anche Paesi con eccellenti sistemi di sanità pubblica stanno affrontando un aumento della casistica”. Per questo la costituzione del ‘Network per la PAD’ consentirà di ridurre le ospedalizzazioni di questi pazienti dovute all’insorgenza di accidenti cardiovascolari acuti e aiuterà a ridurre l’impatto sociale delle invalidità attraverso la prevenzione efficace delle amputazioni e, non ultimo, creerà un modello terapeutico all’avanguardia in Campania.

Questo nostro Network – spiega il prof. Esposito – sarà capace di mettere in collegamento i vari specialisti con il fine unico di fornire un trattamento integrato e standardizzato che migliori la qualità e aspettativa di vita dei pazienti PAD aiutandoci a rendere non più necessari tanti ‘viaggi della speranza’ fuori Regione”. Lo farà seguendo le più recenti linee guida prevedono per il trattamento dell’arteriopatia periferica obliterante una presa in carico e una gestione multidisciplinare.

“L’ideale sarebbe un centro vascolare multidisciplinare, possibilmente accreditato, il cui nucleo fondamentale sia composto da un angiologo/medico vascolare, un chirurgo vascolare e un cardiologo/radiologo interventista” – osserva il prof. Eugenio Stabile, associato di Cardiologia e direttore dell’UOC di Cardiologia dell’ospedale San Carlo di Potenza. Il team multidisciplinare è essenziale per definire il percorso terapeutico medico e/o chirurgico, in base alle comorbidità e alla fragilità del paziente, nonché alle sue esigenze e al grado di invalidità generato dalla PAD. In funzione del quadro clinico e in considerazione di queste esigenze, la presa in carico all’ingresso in ospedale o nel setting ambulatoriale sarà definita nel Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) e potrà essere effettuata dall’angiologo/medico vascolare o dal chirurgo vascolare, che hanno precedentemente definito le priorità e l’appropriatezza dell’iter nelle differenti situazioni”.

La rete multidisciplinare campana

Il “Network per la PAD” consta di 6 strutture a Napoli (oltre all’AOU Federico II ci sono il Cardarelli, l’Ospedale Monaldi, l’Ospedale del Mare, l’Ospedale dei Pellegrini, la Clinica Mediterranea), una nella vicina Acerra (la Casa di Cura Villa dei Fiori), 3 nella provincia di Salerno (San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, San Luca a Vallo della Lucania e la Casa di Cura Salus a Battipaglia), 2 a Caserta (Sant’Anna e San Sebastiano, Clinica San Michele a Maddaloni), 2 ad Avellino (Ospedale San Giuseppe Moscati e Clinica Montevergine), 1 a Benevento (il San Pio) e 1 a Eboli (il Maria SS. Addolorata).

I sintomi

La PAD è una malattia subdola, perché di difficile individuazione: “Spesso si presenta senza sintomi precisi e i medici raramente tendono a ricercare un’eventuale sintomatologia ‘mascherata’” – fa notare il prof. Esposito –. Tuttavia si possono individuare alcuni segnali più frequenti: il più tipico è la claudicatio intermittens, cioè una sorta di zoppia provocata da un forte dolore alle gambe che compare quando si cammina, specialmente in salita. Il disturbo comincia con una sensazione di pesantezza apparentemente banale, per poi aumentare fino a trasformarsi in fitte simili a crampi, che scompaiono temporaneamente soltanto fermandosi. Di qui il nome comune di ‘malattia delle vetrine’, poiché chi ne soffre tende a fermarsi spesso per alleviare il dolore, con il pretesto di voler fare shopping”.

Le cause

Ma perché si viene colpiti dalla PAD? “Le cause di questa malattia sono diverse: anzitutto genetiche, dunque se c’è familiarità con l’ipercolesterolemia; quindi collegate agli stili di vita, se per esempio si fuma, si soffre di ipertensione o non si fa alcun tipo di attività fisica – aggiunge il prof. Stabile –. Fumo, diabete, pressione alta e dislipidemia sono anche i principali fattori di rischio collegati alla PAD: un incremento di 20 mmHg nei valori della pressione arteriosa sistolica, per esempio, comporta l’aumento del 63% del rischio di PAD”.

La diagnosi

La chiave di volta nell’affrontare questa patologia è la diagnosi precoce. Prima si individua la PAD e più probabilità si hanno di tenerla sotto controllo e minimizzare i pericoli che possono derivarne. “Il primo test cui si ricorre per la diagnosi è il cosiddetto ‘indice caviglia/braccio’, un esame banale che si può effettuare senza problemi anche in ambito ambulatoriale – spiega il prof. Esposito –: consiste nella rilevazione dei valori della pressione prima all’arto superiore e poi a quello inferiore; se risultano diversi tra loro, ciò deve rappresentare un concreto campanello d’allarme per lo specialista. A questo punto si renderà necessario un EcoDoppler per valutare in modo più approfondito le condizioni della circolazione degli arti inferiori”.

La terapia

Una volta diagnosticata, la PAD va affrontata su più versanti: “Anzitutto si interviene sugli stili di vita, correggendo quindi immediatamente i fattori di rischio come il fumo, l’ipertensione, la scarsa o nulla attività fisica e via dicendo” – sottolinea ancora il prof. Esposito –. Per quanto riguarda la terapia farmacologica, sia nei pazienti sintomatici che in quelli asintomatici sono indicate le statine, arma principale contro l’ipercolesterolemia, associate all’ezetimibe, una molecola che riduce l’assorbimento intestinale del colesterolo; altrimenti in caso di valori ancora elevati, si passa agli inibitori di PCSK9, anticorpi monoclonali che, con una pratica somministrazione ogni 2 settimane, consentono di abbattere i livelli di colesterolo circolante… Gli antiaggreganti piastrinici sono raccomandati invece nei pazienti in cui si sono manifestati i primi sintomi. Se invece la malattia è in stadio avanzato, si ricorre di solito a un’angioplastica degli arti inferiori”.

Gli inibitori di PCSK9 sono estremamente efficaci contro gli eventi avversi più gravi, come il rischio di ictus, infarto miocardico e amputazione dell’arto, che possono essere ridotti anche del 30%: “Possono essere utilizzati, però, solo su pazienti idonei – precisa il prof. Esposito. In particolare, su coloro i quali presentino valori di colesterolo LDL ancora troppo alti nonostante il pieno utilizzo delle terapie tradizionali o per intolleranza a queste terapie. Questo perché più basso è il colesterolo LDL, meno probabilità ci sono che si verifichino infarti o amputazioni in conseguenza della PAD, anzi i pazienti con PAD, che sono ad elevatissimo rischio cardiovascolare, si beneficiano della riduzione del colesterolo LDL ancora di più dei pazienti affetti da cardiopatia ischemica”.

I CENTRI SPECIALIZZATI IN CAMPANIA

  1. AOU Federico II Napoli
  2. AORN – Ospedali dei Colli Ospedale Monaldi, Napoli
  3. A.S.L. Napoli 1 Centro Ospedale del Mare
  4. A.S.L. Napoli 1 Centro Ospedale dei Pellegrini
  5. Casa di Cura Villa dei Fiori, Acerra (Napoli)
  6. Clinica Mediterranea, Napoli
  7. AO Cardarelli, Napoli
  8. AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno
  9. PO San Luca, Vallo della Lucania (Salerno)
  10. Casa di Cura Salus, Battipaglia (Salerno)
  11. Ospedale di Eboli “Maria SS. Addolorata”
  12. AORN Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta
  13. Clinica San Michele, Maddaloni (Caserta)
  14. Ospedale  San Giuseppe Moscati, Avellino
  15. Clinica Montevergine, Avellino
  16. AO San Pio, Benevento

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