
di Silvana Lautieri
La “generazione nutella” in tempi di coronavirus: potremmo definire così il difficile passaggio dall’infanzia all’adolescenza di molti giovanissimi, una fase che Kundera chiama “Frontiera e Intervallo”. Un’età in cui non avendo più bisogno delle cure costanti dei genitori, il giovane adolescente scopre l’indipendenza e ne avverte però l’inutilità essendo, questa indipendenza, ancora separata dal mondo pratico. Ne prendiamo atto quando un evento straordinario ci pone di fronte ai cambiamenti, “al cambiamento”, quella rivoluzione del nostro quotidiano che mette in discussione modalità e pseudo certezze che apparivano come sicuro ancoraggio alla navicella del proprio vagabondare. È accaduto con il Covid-19, con un virus sconosciuto che ha costretto un’intera generazione di adolescenti, e non solo, a porsi il problema del “cosa fare” (con conseguenziale noia!) in una società improvvisamente priva di consumi che non ha mai aiutato i minorenni a distinguere l’essenziale dal superfluo.
È accaduto perché sono stati vanificati, in nome di strane mode, quei messaggi che molte famiglie, tra sforzi e difficoltà, hanno cercato di trasmettere ai loro figli, spesso senza risultato, perché sui sentimenti di condivisione è prevalso l’uso e l’abuso del dio denaro: soldi e trasgressività. Ci pare questa, infatti, la miscela che ha reso fragile buona parte degli adolescenti dei nostri tempi. Ed il fatto che i nostri figli ne siano immuni non significa che il problema non esista: ne sono testimonianza anche i tantissimi episodi di alcolismo e di bullismo (l’ultimo è di poche ore fa ai Colli Aminei) a danno di altri adolescenti: per apparire, per darsi un’identità fasulla, o per “ammazzare il tempo“.
D’improvviso, però il vuoto, quell’isolamento forzato e necessario che amplifica i problemi e che fa considerare quanto inadeguata e poco opportuna sia stata la moda del comodo cameratismo sostenuto negli anni passati da certi teorici del costume e del linguaggio a sostegno del rapporto amicale genitori-figli
Un messaggio che non ha tenuto in conto del fatto che i nostri ragazzi hanno bisogno di modelli, di ruoli a cui far riferimento e che indichino loro la strada, quella strada fatta di esperienza che insegna il valore della rinunzia e dei sacrifici perché senza fatica, pazienza, impegno, umiltà non si cresce, né si diventa adulti.
Il Covid 19 ha messo in crisi buona parte di quella che Giacomo D’Aquino , neuropatologo, chiama “ la generazione nutella” , una generazione cresciuta senza crescere, senza desiderare, spesso senza essere preparata ad affrontare quella corsa ad ostacoli che è la vita. Di qui la scoperta, durante una pandemia, del vuoto, dei tanti vuoti che nell’isolamento forzato delle mura della propria casa, ha costretto ad interrogarci su quella cultura dei diritti che troppo a lungo ha oscurato quella dei doveri. Una memoria per gli adulti perché possano aiutare a crescere nella direzione giusta i propri adolescenti. Una memoria necessaria per tempi di inevitabili rinunzie, una memoria necessaria per i tempi a venire perché c’è fame di salute etica, di sanità morale, di padri, di madri, di politici, di religiosi che insegnino a rispettare sé stessi e gli altri perché senza modelli di identificazione si perde l’identità. Soprattutto si perde l’idealità.