
“L’ultima volta che l’ho incontrato, nel gennaio scorso a casa sua, era seduto alla stessa scrivania dove, oltre dieci anni fa, registravamo domande e risposte per il libro intervista “Napoli siccome immobile”. Ricordammo il pranzo al Borgo Marinari durante il quale nacque l’idea di pubblicare il libro, dopo il successo del “Manifesto per salvare Napoli” lanciato con Il Mattino negli anni della della crisi dei rifiuti. Sentiva – e si vedevano – gli anni passati nelle gambe e nel fisico, sempre più minuto e minato, ma non nella mente, ancora tra le più lucide e attrezzate del nostro paese, oltre che tra le più pulite. Parlammo a lungo. E di tutto. Della democrazia in affanno, dell’improvvisazione al potere, dell’intellettualità e della borghesia napoletane, dei mali e delle colpe del Sud. Gli mancava scrivere, disse che riusciva a concentrarsi poco, anche se confessò l’idea di volere riprendere e concludere una riflessione bruscamente interrotta per i malanni fisici. Capii che non ci sarebbe riuscito, dai nostri sguardi si intuiva che sarebbe stata una delle ultime volte che ci saremmo visti. Anche se ci lasciammo con la promessa che, appena guarito, sarei andato a prenderlo in macchina e portarlo nel Salento per un weekend”.
Claudio Scamardella, giornalista napoletano formatosi al Mattino ed ora direttore del Quotidiano della Puglia, così ricorda Aldo Masullo, con il quale, come riferisce appunto in questa intervista, dieci anni fa scrisse, sotto forma di intervista, un vero e proprio best seller su Napoli, sui suoi problemi, sui suoi mali, sulle sue speranze. Fu un successo.
Scamardella così analizza la figura di Masullo: “Al di là delle sue profonde speculazioni filosofiche e dei suoi studi, Masullo era da molti anni diventato una sorta di “saggio” sulle vicende della nostra città e dell’intero Paese. Ma con una forte ed evidente diversità: uomo d’altri tempi, interprete di un codice morale antico, non è mai diventato prigioniero della sua epoca pur avendo raggiunto quell’età in cui si è portati, naturalmente, a vivere di ricordi e nostalgie, a proiettare lo sguardo all’indietro piuttosto che verso il futuro, a perdere il gusto della sfida e del rischio”
E poi si sofferma a chiarire il segreto della grande saggezza del filosofo deceduto: “Si dice che il tempo del “saggio” sia il passato perché, a cominciare da una certa età, i ricordi – e con essi i rimpianti e i rimorsi – diventano più forti delle speranze. Forse è vero, ma il segreto di Masullo è stato l’opposto: il suo tempo non è mai stato il passato. Per questo la sua voce è rimasta tra le più ascoltate e rispettate a Napoli e non solo a Napoli. Una sorta di autorità morale, distaccata ormai dai giochi di potere e dalle cose inquinate della vita. Capace di leggere e interpretare la realtà dall’alto della sua esperienza o dei suoi studi. Di indicare i pericoli e di consigliare le scelte giuste. Di raccontare gli errori del passato e di scorgere le opportunità del futuro. Di cercare risposte oltre il dilagante e banale conformismo imposto dai modi e dai tempi del circuito mass-mediatico. Esempio raro a Napoli di uomo di cultura che ha visto d’accordo nel giudizio intellettuali (definizione che egli ha sempre detestato) e gente comune, borghesi e operai, destra e sinistra, giornalisti e lettori. Perché ha avuto il merito, da tutti riconosciuto, di non aver ceduto mai alle lusinghe del potere e dei potenti, a differenza di buona parte dell’intellettualità napoletana”.