Home Salute Fototerapia, la luce che guarisce

Fototerapia, la luce che guarisce

Ecco tutte le possibili applicazioni

L’esperto. Indicata per numerose patologie dermatologiche con trattamenti locali o per bocca

Il ruolo della fototerapia oggi è cruciale e assolutamente indispensabile per affiancare terapie convenzionali rivolte ad alcune patologie dermatologiche come la psoriasi, la vitiligine, forme di eczema cronico, linfomi cutanei, micosi fungoide. Anche in alcune forme di eritemi solari può essere molto utile per praticare la cosiddetta terapia di desensibilizzazione. Per spiegarla in modo semplice: si abitua lentamente il fisico all’esposizione ai raggi solari, senza subirne un trauma imprevisto a causa di un’esposizione solare improvvisa alla quale la pelle non era abituata. La scelta del trattamento fototerapico va affidata esclusivamente al dermatologo, l’utilizzo ad esempio degli UVB a banda stretta (UVB – nb) ha la funzione di inibire la sintesi del Dna, ha azione immunosoppressiva, interagisce con varie cellule infiammatorie sulla pelle, inibendole. Per il trattamento vengono utilizzate lampade fluorescenti UVB a banda stretta (311-313 nm). È controindicato il trattamento con fototerapia per tutti i pazienti con lupus eritematoso, neoplasie cutanee e presenza di lesioni fotoindotte. Prima dell’irradiazione i pazienti si spogliano, vengono protette le zone sensibili come gli occhi e i genitali e, a ogni seduta, viene aumentato il dosaggio con criteri stabiliti dal dermatologo, rispettando delle tabelle internazionali, in modo da non incorrere in rischi da sovradosaggio, come una scottatura più o meno intensa. Tutti i pazienti con psoriasi, dermatite atopica, vitiligine, prurito possono giovare tantissimo di questo trattamento, abbinato ovviamente ad adeguate terapie locali o per bocca. Ad esempio, è stato dimostrato che l’80% dei pazienti con psoriasi ha una risposta eccellente al trattamento fototerapico già dopo 5/6 sedute ma, in generale, è opportuno fare dei cicli di almeno 10 sedute, 2 a settimana per ottenere il massimo del beneficio.

Tra tutte le forme di fototerapia per la vitiligine, ad esempio, il metodo basato su UVB a banda stretta risulta il più valido in assoluto, infatti è stata constatata una repigmentazione del 75% delle chiazze vitiligoidee. La fototerapia è il trattamento di scelta per chi ha problemi di prurito, specialmente nei pazienti la cui causa del prurito è legata a problemi internistici, come nel caso del prurito da insufficienza renale cronica; molti studi hanno, infatti, dimostrato un notevole miglioramento dell’intensità del prurito nel 90% dei casi. La durata delle remissioni può variare, tra 1 mese e 5 anni ma, in questi intervalli, nel frattempo, il dermatologo si occupa di abbinare altri trattamenti locali e per via orale da fare a casa.

Cosa molto interessante è l’utilizzo della fototerapia nella profilassi della lucite polimorfa, lucite estiva benigna, orticaria solare e nel trattamento della protoporfiria eritropoietica. I rischi per i pazienti che si sottopongono a fototerapia sono, più o meno, in linea di principio come i rischi legati ad un’intensa esposizione solare, il più frequente fra tutti è l’eritema, cioè una scottatura intensa. In ogni caso il dermatologo saprà gestire gli eventuali effetti collaterali al meglio. I vantaggi della terapia sono elevatissimi a fronte degli effetti collaterali possibili quindi, secondo giudizio medico, la terapia è affrontabile con cicli annuali. Nel periodo estivo, invece, potremmo sfruttare, per tutte le patologie dermatologiche che lo richiedono, l’azione dell’elioterapia che ci copre un’altra bella fetta dell’anno e questo, in una città ricca di sole come la nostra, certo non manca! Ma sapete com’è composto lo spettro solare, per intenderci i raggi solari che ci arrivano sulla pelle? Lo spettro solare è formato da energia elettromagnetica, con una lunghezza d’onda che va dai 200 agli 1800 nanometri (nm). Le lunghezze d’onda più corte, che raggiungono la terra, sono le radiazioni ultraviolette (UV), che si suddividono in UVC (200-290 nm), UVA (320-400 nm) e UVB (290-320 nm). Dunque, nel caso degli UVC (100-280 nm), c’è da dire che essi hanno energia molto elevata, ma vengono filtrate dall’ozono atmosferico e non raggiungono la superficie terrestre; gli UVA (320-400 nm), invece, sono i raggi meno energetici (l’energia è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda), ma riescono a penetrare fino al derma e sono responsabili della pigmentazione immediata della pelle, che compare già durante l’esposizione al sole e regredisce nell’arco di 2-3 ore (“fenomeno di Meyrowsky”); mentre gli UVB (280-320 nm) inducono le più comuni reazioni biologiche dovute a esposizione solare, sono eritematogeni e sono i veri responsabili dell’abbronzatura duratura, perché stimolano la melanogenesi, che prosegue anche dopo l’esposizione. Le radiazioni che raggiungono la pelle vengono in parte riflesse dallo strato corneo ed in parte assorbite e trasmesse alle strutture dell’epidermide e del derma: gli UVA raggi a lunghezza d’onda più corta possiedono maggiore capacità di penetrazione e possono causare maggior danno nel tempo; gli UVB sono invece i raggi principalmente responsabili dei danni immediati, come ad esempio l’eritema cutaneo o la scottatura. Quando la pelle è irradiata si attivano alcune risposte biologiche: lo strato corneo inizia a ispessirsi (ipercheratosi), inizia ad accumularsi betacarotene, una molecola antiossidante che agisce come silenziatore dell’ossigeno singoletto e come stabilizzatore di membrana; vi è secrezione, con il sudore eccrino, diacidourocanico, molecola derivante dalla deamminazione dell’istidina, in grado di assorbire i raggi UVA; si attivano gli enzimi superossidodismutasi (SOD) e glutationeperossidasi (GSH), quali scavenger delle forme reattive dell’ossigeno; si attivano i meccanismi di riparazione e replicazione del DNA; si attiva il principale meccanismo di auto-protezione dagli UV: la pigmentazione. Dapprima si produce una pigmentazione immediata e transitoria indotta dai raggi UVA e dalla luce visibile, che inizia dopo pochi minuti dalla prima esposizione e dura 24-36 ore. Questa prima abbronzatura è dovuta alla fotossidazione della melanina già presente nei melanociti, ma la colorazione che ne deriva è effimera e non ha funzione protettiva. Due giorni dopo la prima esposizione, tempo necessario ai melanociti per produrre melanina, inizia la pigmentazione ritardata in risposta ai raggi UVA e UVB; viene indotta, da parte dei raggi UVB, la produzione di vitamina D nello strato delle cellule spinose (azione anti-rachitica). Oltre all’azione anti-rachitica attribuibile ai raggi ultravioletti, il sole ha ulteriori effetti benefici, come ad esempio un’azione disinfettante a livello della cute ed un’azione antinfiammatoria nei confronti di dermatite atopica e psoriasi.

Per riassumere, dunque, i pazienti possono essere trattati con: spettro UVB a banda larga (spettro dell’ultravioletto B completo); Spettro UV-B a banda stretta (sfrutta una piccola parte dello spettro UV-B); P-UVA (Psoralen + UV-A): consiste nella combinazione delle radiazioni dello spettro UV-A con un “sensibilizzante” (lo Psoralene) che è un farmaco assunto per via orale (è una furanocumarina) che aumenta l’effetto delle radiazioni UV-A sulla pelle e per questo l’applicazione P-UVA è anche definita fotochemioterapia (come nel caso dei linfomi cutanei o micosi fungoide). Un’ulteriore forma di fototerapia è la terapia fotodinamica che, similmente al caso precedente, utilizza composti atossici fotosensibilizzanti attivati da fasci di luce a lunghezza d’onda prestabilita; una volta foto-attivati, questi farmaci divengono selettivamente tossici per le cellule maligne o comunque patologiche. Molto utilizzata ad esempio per il trattamento di discheratori, basaliomi della fronte superficiali, verruche resistenti ai comuni trattamenti ed anche in alcune patologie dermatologiche di natura infiammatoria come l’acne o la rosacea.

Previous articleLa Russia a Napoli è più vicina di quanto si pensi
Next articleQuando la smania di conservare è un disturbo